Via Crucis 1

a cura di Denise Adversi

ARRENDERSI ALLA LUCE

Cel. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Tutti Amen.
Cel. Il Signore sia con voi.
Tutti E con il tuo spirito.

PREGHIERA CORALE

O Gesù, aiutaci a diffondere la tua fragranza
ovunque noi andiamo.
Infondi il tuo Spirito nella nostra anima
e riempila del tuo amore
affinché penetri nel nostro essere
in modo così completo che tutta la nostra vita
possa essere soltanto fragranza
e amore trasmesso tramite noi e visto in noi,
e ogni anima con cui veniamo a contatto
possa sentire la tua presenza
nella nostra anima, e poi guardare in su
e vedere non più me, ma Gesù.
Resta con noi,
e noi cominceremo a brillare della tua luce,
a brillare per essere una luce per gli altri.
La luce, o Gesù, sarà la tua, non verrà da noi,
sarà la tua luce che brillerà sugli altri attraverso noi.
Lascia che ti rivolgiamo le nostre preghiere
nel modo che più ami, spargendo la luce
su quelli che ci circondano.
Lasciaci predicare senza predicare,
non con le parole, ma con l’esempio.
Con la forza che attrae
e l’influsso di quel che facciamo.
Con la pienezza dell’amore
che abbiamo per te nel nostro cuore.
Amen. (Madre Teresa di Calcutta)

PRIMA STAZIONE

Gesù discende nelle acque del Battesimo

Dal vangelo secondo Marco (1, 6-12)

Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico.  E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali.  Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».  Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni.  E subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba.  E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».  E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. 

Riflessione

Il tuo primo atto pubblico è un gesto di umiliazione. Giovanni parla di te, annuncia la tua forza, ma tu ti mescoli con i peccatori per fare penitenza. Sì, ti attira proprio quell’acqua sporcata dai peccati nostri… Già ti sei abbassato decidendo di nascere, fin dove ti porterà questa tendenza verso il basso? Ma il bello è che ti tiri dietro tutta la Trinità: vedendoti scegliere la via dell’umiltà, il cielo si commuove e si squarcia in due, lasciandoti sentire la carezza dello Spirito e udire la voce del Padre, di cui dovevi avere una grande nostalgia…  

Ci sono momenti in cui mi sento sommergere dalle onde, travolgere dal peso dei miei difetti ed errori. Vorrei semplicemente sparire. La tua scelta di entrare nell’acqua del Giordano mi assicura, invece, che vale la pena di rimanere dove sono. Non morirò, perché tu hai attraversato con me il fiume infìdo della vita, accettandone tutta la durezza, senza mai cercare privilegi o scappatoie. Posso, con te, attraversare le acque e poi rimanere nel deserto… il mio deserto, la mia personale miseria, incapacità e pochezza. Nel momento in cui imparo ad accettarmi, forse chissà… anche di me il Padre si compiace. Non c’è altro modo per scoprire chi sono, non c’è altro modo per incontrare Dio. Anch’io ho nostalgia di Lui, benché non lo conosca. Certo, ci saranno momenti in cui mi sembrerà di vivere in mezzo a bestie selvatiche… di essere una bestia selvatica. Ma spero di saper riconoscere le tante piccole delicatezze degli angeli che mi servono di nascosto.  

Salmo responsoriale o a due cori

℟. Ti amo Signore, che mi sollevi dalle acque.

Ti amo, Signore, mia forza,
Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore,
mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio;
mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo.
℟. Ti amo Signore, che mi sollevi dalle acque.

Invoco il Signore, degno di lode,
e sarò salvato dai miei nemici.
Mi circondavano flutti di morte,
mi travolgevano torrenti infernali;
già mi avvolgevano i lacci degli inferi,
già mi stringevano agguati mortali.
℟. Ti amo Signore, che mi sollevi dalle acque.

Nell’angoscia invocai il Signore,
nell’angoscia gridai al mio Dio:
dal suo tempio ascoltò la mia voce,
Stese la mano dall’alto e mi prese,
mi sollevò dalle grandi acque,
mi liberò da nemici potenti,
da coloro che mi odiavano
ed erano più forti di me.
℟. Ti amo Signore, che mi sollevi dalle acque.

Mi assalirono nel giorno della mia sventura,
ma il Signore fu il mio sostegno;
mi portò al largo, mi liberò
perché mi vuol bene.
Il Signore mi tratta secondo la mia giustizia,
mi ripaga secondo l’innocenza delle mie mani.
℟. Ti amo Signore, che mi sollevi dalle acque.

Preghiamo (da “Book of Common Prayer” della Chiesa anglicana)

 O SIGNORE, tu ci hai insegnato che tutte le nostre opere senza la carità sono senza valore, manda il tuo Santo Spirito, ed infondi nei nostri cuori il meraviglioso dono della carità, vero legame di pace e di tutte le virtù, senza la quale chiunque vive è considerato morto dinanzi a te. Concedi questo per l’amore dell’Unigenito tuo Figlio, Gesù Cristo. Amen.

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Chiusa in un dolore atroce,
eri là sotto la croce,
dolce Madre di Gesù.

Santa Madre, deh! Voi fate
che le piaghe del Signore
siano impresse nel mio cuore.

SECONDA STAZIONE

Gesù odiato da farisei ed erodiani

Dal Vangelo secondo Marco (3,1-6) 

Entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo.  Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!».  Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano.  E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita.  E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire. 

Riflessione

Ecco il deserto, dove nessuno, neanche tu Signore, puoi operare: è il cuore arido, paralitico, dell’uomo. Avere una mano paralizzata è niente in confronto a questo male, che fa perdere il senso della realtà: gli altri esseri umani diventano cose, strumenti per l’affermazione di sé ad ogni costo, mentre i gesti d’amore si trasformano in trappole per chi li compie. Non esistono più il bene e il male, la vita e la morte, ma soltanto piccole dinamiche di potere, che procurano soddisfazioni temporanee.  È così, quando lo scopo della vita è il successo.  Perciò stai attento, Gesù, vogliono prenderti in trappola. Provano piacere nell’accusare, pregustano il sapore dello scandalo. Non avendo e non cercando nulla di cui gioire, si accontentano di alimentare in se stessi il disgusto: è pur sempre un’emozione, fa sembrare di essere vivi. 

Ma tu li provochi… Come ti viene in mente di chiamare in mezzo quell’uomo? Potevi guarirlo in disparte… 

“Vieni qui in mezzo” lo dici ai farisei, sperando che anche loro tendano la mano. Invece, non trovano nemmeno il coraggio di affrontarti, perché sono così abituati a vivere nella menzogna da non sapere più che faccia hanno. E io… devo capire da che parte sto. Vorrei poterti dire che sono con te, ma tante volte preferisco salvare la pelle… Quando seguire la coscienza anziché l’apparenza rende impopolari, devo essere proprio io a… mettermi in mezzo?  

Invocazioni

Padre di Gesù, che ci chiami alla condivisione e alla gioia anche nelle difficoltà e nelle contraddizioni della vita, ascolta la nostra preghiera:

℟. Allarga i nostri cuori, Signore

  • Quando non abbiamo tempo per le relazioni, per il silenzio, per l’ascolto della vita che ci passa accanto.
    ℟. Allarga i nostri cuori, Signore
  • Quando la nostra vita intera si rattrappisce attorno a piccoli e sterili conflitti, oppure si abbatte a causa di delusioni e fallimenti come se il tuo amore non avesse in serbo per noi orizzonti più vasti.
    ℟. Allarga i nostri cuori, Signore
  • Quando è difficile dire la propria opinione contro tutti, difendere chi viene umiliato, stare accanto a chi non vede riconosciuti i propri diritti.
    ℟. Allarga i nostri cuori, Signore

Preghiamo (da “Book of Common Prayer” della Chiesa anglicana)

ONNIPOTENTE ed eterno Iddio, che non odi alcuna delle cose che hai fatto e perdoni i peccati di tutti coloro che si pentono; crea e forma in noi cuori nuovi e contriti perché, piangendo degnamente i nostri peccati e riconoscendo la nostra miseria, ne otteniamo da te, Dio di tutte le misericordie, piena remissione e perdono; per Gesù Cristo nostro Signore.

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Chiusa in un dolore atroce,
eri là sotto la croce,
dolce Madre di Gesù.

Santa Madre, deh! Voi fate
che le piaghe del Signore
siano impresse nel mio cuore.

TERZA STAZIONE

Gesù rifiutato dai Geraseni

Dal vangelo secondo Marco (5, 1-17)

Giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Geraséni.  Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro.  Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene,  perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo.  Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre.  Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi  e, urlando a gran voce, disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!».  Gli diceva infatti: «Esci, spirito impuro, da quest’uomo!».  E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti».  E lo scongiurava con insistenza perché non li cacciasse fuori dal paese.  C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo.  E lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi».  Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare. 

I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto.  Giunsero da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura.  Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio. 

 Riflessione

Caro Gesù, te lo devo proprio dire: mi sembri un gran guastafeste. Qualunque cosa tu faccia, finisci per far arrabbiare qualcuno.  

Non si stava così male, nella regione dei Geraseni. Indemoniato a parte, tutti gli altri se la passavano bene, grazie al fiorente commercio di maiali. Certo, quello urlava giorno e notte e a qualcuno avrà pur dato fastidio, ma tutto sommato si era riusciti a confinarlo nella zona cimiteriale, se non si poteva tenerlo incatenato poco male: in fondo, faceva danni solo a se stesso. È proprio lui a venirti incontro, non certo i suoi concittadini, che non hanno bisogno di niente. Da te si aspetta qualcosa, una qualche forma di consapevolezza deve essergli rimasta. Non si capisce però se a parlare con te sia la legione di demoni o l’intera cittadinanza gerasena, che già ti avverte come una spina nel fianco: non tormentarci…  

Gesù, non tormentarci, lascia che ciascuno si tenga i suoi problemi senza andare a disturbare gli altri. Lascia che ci facciamo i fatti nostri e che chi soffre soffra da solo. Questi duemila porci morti annegati ci ricordano sinistramente che il peso del male, di ogni male, ha come unico senso accettabile il valore della condivisione. Tutta la storia dell’umanità si presenta invece come il tentativo, ripetuto compulsivamente, di scaraventare il male addosso a qualcun altro. Abbiamo bisogno di una vittima, di uno o più esclusi guardando i quali possiamo dire a noi stessi: be’, dai, a me le cose vanno meglio. E alla fine, Signore, il grande escluso sarai proprio tu… 

Salmo responsoriale o a due cori (49)

℟. L’uomo nella prosperità non comprende.

 Perché dovrò temere nei giorni del male,
quando mi circonda la malizia
di quelli che mi fanno inciampare?
Essi confidano nella loro forza,
si vantano della loro grande ricchezza.
℟. L’uomo nella prosperità non comprende.

Certo, l’uomo non può riscattare se stesso
né pagare a Dio il proprio prezzo.
Troppo caro sarebbe il riscatto di una vita:
non sarà mai sufficiente
per vivere senza fine e non vedere la fossa.
℟. L’uomo nella prosperità non comprende.

Vedrai infatti morire i sapienti;
periranno insieme lo stolto e l’insensato
e lasceranno ad altri le loro ricchezze.
Il sepolcro sarà loro eterna dimora,
loro tenda di generazione in generazione:
eppure a terre hanno dato il proprio nome.
℟. L’uomo nella prosperità non comprende.

Ma nella prosperità l’uomo non comprende:
è simile alle bestie che muoiono.
Questa è la via di chi confida in se stesso,
la fine di chi si compiace dei propri discorsi.
Come pecore sono destinati agli inferi,
sarà loro pastore la morte;
scenderanno a precipizio nel sepolcro,
svanirà di loro ogni traccia,
gli inferi saranno la loro dimora.
℟. L’uomo nella prosperità non comprende.

Certo, Dio riscatterà la mia vita,
mi strapperà dalla mano degli inferi.
Non temere se un uomo arricchisce,
se aumenta la gloria della sua casa.
Quando muore, infatti, con sé non porta nulla
né scende con lui la sua gloria.
℟. L’uomo nella prosperità non comprende.

Anche se da vivo benediceva se stesso:
“Si congratuleranno, perché ti è andata bene”,
andrà con la generazione dei suoi padri,
che non vedranno mai più la luce.
Nella prosperità l’uomo non comprende,
è simile alle bestie che muoiono.
℟. L’uomo nella prosperità non comprende.

Preghiamo (da “Book of Common Prayer” della Chiesa anglicana)

ONNIPOTENTE Dio, Tu vedi che noi non abbiamo alcun proprio potere per aiutarci. Custodisci tanto i nostri corpi esteriormente, quanto le nostre anime interiormente, affinché siamo difesi da tutte le avversità che possono accadere al corpo, e da tutti i cattivi pensieri che possono assalire e nuocere all’anima; per Gesù Cristo nostro Signore. Amen.

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Chiusa in un dolore atroce,
eri là sotto la croce,
dolce Madre di Gesù.

Santa Madre, deh! Voi fate
che le piaghe del Signore
siano impresse nel mio cuore.

QUARTA STAZIONE

Gesú scandalizza i nazareni

Dal vangelo secondo Marco (6, 1-6)

Partì di là e venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani?  Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.  Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua».  E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì.  E si meravigliava della loro incredulità. 

 Riflessione

Caro Gesù, devi essere rimasto proprio male…  rifiutato anche dalle persone più care, quelle che ti avevano visto crescere, ma non potevano accettare che tu fossi diventato più grande di loro.

 Da che mondo è mondo, ci siamo sempre fatti immagini stranissime di Dio, come per tenerlo il più lontano possibile. Tuo Padre si è sempre presentato come nostro Padre, ma questa idea non ci è mai entrata veramente nella testa. Per questo, al momento opportuno, non abbiamo potuto credere nella sua paternità, non abbiamo potuto riconoscerci figli nella fragilità del tuo corpo.  

Del resto… Onnipotente, perfettissimo, anzi totalmente Altro… Come negare che Lui sia tutto ciò? Guai a banalizzare il volto di Dio. Insomma, sei un Dio scandaloso, se a un certo punto hai scelto di farti come noi! I tuoi concittadini non hanno tutti i torti. 

Anch’io, se ci penso bene, faccio una bella fatica a riconoscere tracce del divino nelle facce che incontro tutti i giorni. Le persone che conosciamo peggio sono quelle che crediamo di conoscere meglio. I genitori, per esempio, spesso non capiscono quasi niente dei figli, che amano. Quante volte i limiti creaturali  – soprattutto se li rifiutiamo – ci impediscono di intuire la bellezza straordinaria di un essere umano! Vale soprattutto per noi stessi. Ma chi non vuole il limite, non potrà mai avere l’infinito. 

Invocazioni

Padre di Gesù, che nella sua quotidiana umanità ci hai donato te stesso, non toglierci mai questo regalo. Affinché non costruiamo mai più immagini false di Te, ti preghiamo: 

℟. Mostraci il tuo volto

  • Signore, quando ci vergogniamo di noi stessi, della nostra storia, delle nostre origini, dell’umiltà di chi ci vuole bene, aiutaci a riconoscerti nella vita di ogni giorno.
    ℟. Mostraci il tuo volto
  • Signore, quando proviamo invidia per chi ha più successo di noi, quando scoraggiamo i giovani e non crediamo nelle loro possibilità, rendi più limpido il nostro sguardo,
    ℟. Mostraci il tuo volto
  • Signore, quando pretendiamo di possedere la verità e rifiutiamo tutto ciò che è nuovo o non conforme alla nostra mentalità, non stancarti di sorprenderci.
    ℟. Mostraci il tuo volto

Preghiamo (da “Book of Common Prayer” della Chiesa anglicana)

 CONCEDI, o Signore, che siccome noi siamo stati battezzati nella morte del tuo benedetto Figlio nostro Salvatore Gesù Cristo, così siamo con lui sepolti per mezzo della continua mortificazione dei nostri affetti disordinati e che per il sepolcro, e per le porte della morte, possiamo pervenire alla nostra lieta risurrezione per i meriti di colui che morì, e fu sepolto e risuscitò per noi, tuo Figlio Gesù Cristo nostro Signore. Amen.

Chiusa in un dolore atroce,
eri là sotto la croce,
dolce Madre di Gesù.

Santa Madre, deh! Voi fate
che le piaghe del Signore
siano impresse nel mio cuore.

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QUINTA STAZIONE

La morte di Giovanni il Battista

Dal vangelo secondo Marco (6, 14-29) 

Il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: “Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi”.  Altri invece dicevano: “È Elia”. Altri ancora dicevano: “È un profeta, come uno dei profeti”.  Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: “Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!”. 

Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata.  Giovanni infatti diceva a Erode: “Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello”.  Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva,  perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.

 Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea.  Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: “Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò”.  E le giurò più volte: “Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno”.  Ella uscì e disse alla madre: “Che cosa devo chiedere?”. Quella rispose: “La testa di Giovanni il Battista”.  E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: “Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista”.  Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto.  E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione  e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre.  I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.

Riflessione

Caro Gesù, ormai sei diventato “famoso”, persino Erode avrebbe desiderio di incontrarti. Dopo quello che ha combinato a Giovanni, però, passerebbe a chiunque la voglia di conoscerlo… Non per paura, ma per tristezza. La sua casa è il regno della tristezza: una donna che lo preferisce al marito perché più potente, e non si fa scrupolo di strumentalizzare la figlia per manipolarlo; un coacervo di “amici” festaioli dei quali evidentemente teme lo sguardo… Ma soprattutto lui, Erode, groviglio di impulsività e sensualità, vittima inconsapevole di se stesso. 

Ormai è chiaro: per ascoltarti davvero, è necessario essere liberati dalla tirannia dello sguardo. I farisei, gli erodiani, i tuoi compaesani, e ancor di più Erode ed Erodiade… tutti questi dipendono dallo sguardo, dalla considerazione altrui, che pretendono altissima. Per assicurarsi il prestigio – o anche solo l’autostima – si impara un modo di guardare le persone che è come divorare, in questo caso addirittura uccidere.  

Salmo responsoriale (138)

℟. Signore, rivolgi a me il tuo sguardo

Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu sai quando seggo e quando mi alzo,
penetri da lontano i miei pensieri,
mi scruti quando cammino e quando riposo.
℟. Signore, rivolgi a me il tuo sguardo

Ti sono note tutte le mie vie,
la mia parola non è ancora sulla bocca
e Tu, Signore, già la conosci tutta.
Alle spalle e di fronte mi circondi
e poni su di me la tua mano.
℟. Signore, rivolgi a me il tuo sguardo

Stupenda per me la tua saggezza,
troppo alta e io non la comprendo.
Dove andare lontano dal tuo spirito,
dove fuggire dalla tua presenza?
Se salgo in cielo, là tu sei,
se scendo negli inferi, eccoti.
℟. Signore, rivolgi a me il tuo sguardo

Se prendo le ali dell’aurora
per abitare all’estremità del mare,
anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra.
Se dico: almeno l’oscurità mi copra
e intorno a me sia la notte,
nemmeno le tenebre per te sono oscure. 
℟. Signore, rivolgi a me il tuo sguardo.

Preghiamo (da “Book of Common Prayer” della Chiesa anglicana)

 ONNIPOTENTE Iddio, che per l’Unigenito tuo Figlio Gesù Cristo hai vinto la morte e ci hai aperto le porte della vita eterna, noi ti supplichiamo umilmente: previenici con la tua grazia speciale, infondendo nelle nostre menti buoni desideri, che con la tua continua assistenza portiamo a buon effetto per Gesù Cristo nostro Signore, il quale vive e regna con te e con lo Spirito Santo, sempre un sol Dio, nei secoli dei secoli. Amen.

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Chiusa in un dolore atroce,
eri là sotto la croce,
dolce Madre di Gesù.

Santa Madre, deh! Voi fate
che le piaghe del Signore
siano impresse nel mio cuore.

SESTA STAZIONE 

Gesù svela la sua via 

Dal vangelo secondo Marco (8, 27-38)

Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: “La gente, chi dice che io sia?” Ed essi gli risposero: “Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti”.  Ed egli domandava loro: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Pietro gli rispose: “Tu sei il Cristo”. E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. 

E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». 

Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.  Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.  Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita?  Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita?  Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi». 

Riflessione

Decisamente, avere successo non è una tua priorità: appena qualcuno capisce chi sei, lo metti a tacere. Se ti interessa sapere cosa pensano di te i tuoi discepoli, non è certo per farti bello davanti a loro, né per consolarti di una fine che percepisci ormai vicina. Li vuoi preparare, rafforzare e disilludere. Noi oggi non ci rendiamo conto di quanto sia crudo il tuo linguaggio, è come se qualcuno ci dicesse: prendi la tua sedia elettrica e vieni con me, a morire ingiustamente ammazzato. E per concludere in bellezza aggiungi che, chi teme di essere rifiutato, alla fine lo sarà veramente. Nulla di consolatorio in queste parole, che sono il cuore del Vangelo.  

Forse tutto il tuo messaggio è semplicemente questo: smettete di rovinarvi la vita. Ciò che ci provoca le più grandi sofferenze, infatti, non sono le malattie o le calamità naturali, ma la smania di conferme, il bisogno di sicurezza e di potere. In altre parole, la paura. Di non avere, di non valere, di non essere. Per queste cose, da sempre, gli esseri umani uccidono i loro simili, sforzandosi inutilmente di aggiungere qualcosa alla propria misera umanità.  Non mettono in conto l’invincibile forza dell’amore, ben superiore a qualunque patetica vanagloria, perché radicata nell’umiltà di un Dio che non ha mai temuto il nascondimento.  

Invocazioni

Padre di Gesù, nel corso dei secoli, tanti uomini e donne hanno lottato per la libertà. Ma Tu ci hai donato in Cristo il vero liberatore. Ti preghiamo: ℟. Liberaci, Signore

Dall’ansia del prestigio, dalla paura di essere esclusi, dal terrore dell’invisibilità
℟. Liberaci, Signore

Dalla sensazione di non valere, dal rifiuto dei nostri limiti personali, dall’incapacità di riflettere sulla nostra vita
℟. Liberaci, Signore

Dalla sfiducia immotivata in tutti, dalla sensazione costante di non essere trattati adeguatamente, dal pessimismo cronico sulle cose e sugli eventi
℟. Liberaci, Signore

Preghiamo (da “Book of Common Prayer” della Chiesa anglicana)

O DIO, che per la nostra redenzione hai dato il tuo Unigenito Figlio nel soffrire la morte della croce, e che con la sua gloriosa Risurrezione ci hai resi liberi dal potere del nostro nemico, concedici di morire giornalmente al peccato affinché possiamo vivere per sempre con Lui nel gaudio della sua Risurrezione, per lo stesso Cristo Nostro Signore. Amen.

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Chiusa in un dolore atroce,
eri là sotto la croce,
dolce Madre di Gesù.

Santa Madre, deh! Voi fate
che le piaghe del Signore
siano impresse nel mio cuore.

SETTIMA STAZIONE

Gesù unto da una donna di Betania 

Dal vangelo secondo Marco (14, 1-11)

Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Azzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturarlo con un inganno per farlo morire.  Dicevano infatti: “Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo”. 

 Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo.  Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: “Perché questo spreco di profumo?  Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!”. Ed erano infuriati contro di lei. 

Allora Gesù disse: “Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me.  Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura.  In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto”. 

Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù.  Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno. 

Riflessione 

Gesù, stai attento: ti vogliono vendere. E non vali nemmeno trecento denari, alla fine sarai valutato solo trenta.  

Nel mondo in cui viviamo, tutto ha un prezzo, anche l’amore. Ma la donna di Betania – che pure, secondo Luca, è una prostituta – non ci sta. Non le importa nulla di quanto costi il nardo, né della preziosità dell’alabastro. Tutto ciò che è prezioso sta davanti a lei, ed è il tuo corpo Gesù, sei tu. Che grande emozione deve avere suscitato in te questo gesto delicato e appassionato insieme! Forse lei non sa di essere mandata a te dal Padre per ungerti Messia, perpetuando il rito con cui si designavano i re di Israele. Ma tu sei re di una regalità nuova, che non teme di attraversare l’abisso della sconfitta e della morte. “Forte come la morte è l’amore, tenace come il regno degli inferi è la passione”, diceva il Cantico dei cantici. No, l’amore è più forte della morte.  

Presto tutti i discepoli fuggiranno, ma tu sarai sostenuto dall’amore di questa donna, che con i suoi gesti ti ha insegnato a spezzare, a sprecare la tua vita. L’amore è ciò che libera da tutte le paure, perché non contempla il risparmio, ma con la sua assolutezza svela il volto semplice e sorprendente di Dio.  

Inno alla carità (1 Cor 1-8.13)

A due cori

℟. Dio amore, donaci te stesso

Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi l’amore, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.
℟. Dio amore, donaci te stesso

E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi l’amore, niente mi giova. L’amore è paziente, è benevolo, non è invidioso, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità.
℟. Dio amore, donaci te stesso

Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. L’amore non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. Queste le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e l’amore, ma di tutte più grande è l’amore!
℟. Dio amore, donaci te stesso

Preghiamo (da “Book of Common Prayer” della Chiesa anglicana)

O DIO, fortezza di tutti coloro che confidano in te, accetta misericordiosamente le nostre preghiere: poiché a motivo della debolezza della nostra natura mortale non possiam far nulla di bene senza di te, concedici l’aiuto della tua grazia, perché osservando i tuoi comandamenti possiamo piacerti con la volontà e con le opere; per Gesù Cristo nostro Signore. Amen.

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CONCLUSIONE

Dagli scritti di don Tonino Bello (a cori alterni)

Nel Duomo vecchio di Molfetta c’è un grande crocifisso di terracotta. Il parroco, in attesa di sistemarlo definitivamente, l’ha addossato alla parete della sagrestia e vi ha apposto un cartoncino con la scritta: collocazione provvisoria. La scritta, che in un primo momento avevo scambiato come intitolazione dell’opera, mi è parsa provvidenzialmente ispirata, al punto che ho pregato il parroco di non rimuovere per nessuna ragione il crocifisso di lì, da quella parete nuda, da quella posizione precaria, con quel cartoncino ingiallito.

Collocazione provvisoria. Penso che non ci sia formula migliore per definire la croce. La mia, la tua croce, non so quella di Cristo. Coraggio, allora, tu che soffri inchiodato su una carrozzella. Animo, tu che provi i morsi della solitudine. Abbi fiducia, tu che bevi al calice amaro dell’abbandono. Non imprecare, sorella, che ti vedi distruggere giorno dopo giorno da un male che non perdona. Asciugati le lacrime, fratello, che sei stato pugnalato alle spalle da coloro che ritenevi tuoi amici. Non tirare i remi in barca, tu che sei stanco di lottare e hai accumulato delusioni a non finire.

Coraggio. La tua croce, anche se durasse tutta la vita, è sempre “collocazione provvisoria”. Il Calvario, dove essa è piantata, non è zona residenziale. E il terreno di questa collina, dove si consuma la tua sofferenza, non si venderà mai come suolo edificatorio. Anche il Vangelo ci invita a considerare la provvisorietà della croce. C’è una frase immensa, che riassume la tragedia del creato al momento della morte di Cristo. “Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio, si fece buio su tutta la terra”. Forse è la frase più scura di tutta la Bibbia. Per me è una delle più luminose. Proprio per quelle riduzioni di orario che stringono, come due paletti invalicabili, il tempo in cui è concesso al buio di infierire sulla terra.

Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Ecco le sponde che delimitano il fiume delle lacrime umane. Ecco le saracinesche che comprimono in spazi circoscritti tutti i rantoli della terra. Ecco le barriere entro cui si consumano tutte le agonie dei figli dell’uomo. Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Solo allora è consentita la sosta sul Golgota. Al di fuori di quell’orario, c’è divieto assoluto di parcheggio.

Dopo tre ore, ci sarà la rimozione forzata di tutte le croci. Una permanenza più lunga sarà considerata abusiva anche da Dio. Coraggio, fratello che soffri. Mancano pochi istanti alle tre del tuo pomeriggio. Tra poco, il buio cederà il posto alla luce, la terra riacquisterà i suoi colori verginali e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga.