VIA CRUCIS PARI

PRENDIAMO
LA FORMA DEL PANE


La Via Crucis nasce come pio esercizio nella Chiesa a partire dal Medioevo. Essa rinvia all’ultimo tratto del cammino di Gesù sulla terra posto tra l’uscita dal cenacolo verso il monte degli ulivi e il luogo del Golgota, dove si consuma la sua morte e avviene la sua sepoltura.
Tutta la vita di Gesù è un cammino sospinto dalla forza dello Spirito, dal deserto delle tentazioni fino al Calvario dell’estrema e definitiva prova d’amore per l’umanità. Un amore sofferto che diventa offerta e consegna dentro un progetto di salvezza e di risurrezione per molti.
La Via Crucis nasce come volontà dei cristiani di partecipare, da ogni angolo della terra, ai sentieri e alle strade percorse da Gesù a Gerusalemme portando la croce.
La Chiesa così conserva e tramanda la memoria storica degli avvenimenti e delle tappe del cammino della croce, che racchiudono e svelano il mistero dell’amore di Dio, la cui memoria sacramentale è l’Eucaristia.
“Alto e fragile” è il tema svolto nella Via Crucis proposta per le nostre comunità parrocchiali. “Fragile” richiama la dimensione della sofferenza, della debolezza, del limite umano. “Alto” racchiude l’esperienza della resurrezione, i germogli di vita e rinascita nascosti nel quotidiano. “Alto e fragile” sono le coordinate della croce di Gesù, le direttrici esistenziali entro cui germoglia l’amore crocifisso che, proprio quando vive l’abbassamento più totale, si eleva come punto risolutore e di salvezza per abbracciare il mondo intero. “Alto e fragile” è la misura del dono infinito che Dio fa a ciascuno di noi nel suo Figlio Gesù.
Le stazioni di questa Via Crucis seguono i brani biblici della passione e morte di Gesù di Nazareth. Le riflessioni riportate sono storie di vita segnate dalla prova, intrecciate dall’amore, aperte alla speranza. I disegni che sviluppano il significato e il senso dei testi sono stati realizzati da Giuseppe Pacucci, un giovane di sedici anni.

Guida
Cammina. Senza sosta cammina. Va qui e poi là. Trascorre la propria vita su circa sessanta chilometri di lunghezza, trenta di larghezza. E cammina. Senza sosta. Si direbbe che il riposo gli è vietato. Quello che si sa di lui lo si deve a un libro. Se avessimo un orecchio un po’ più fine, potremmo fare a meno di quel libro e ricevere notizie di lui ascoltando il canto dei granelli di sabbia, sollevati dai suoi piedi nudi. Nulla si riprende dal suo passaggio e il suo passaggio non conosce fine. Sono dapprima in quattro a scrivere su di lui. Quando scrivono hanno sessant’anni di ritardo sull’evento del suo passaggio. Noi ne abbiamo molti di più: duemila. Tutto quanto può essere detto su quest’uomo è in ritardo rispetto a lui. Conserva una falcata di vantaggio e la sua parola è come lui, incessantemente in movimento, senza fine nel movimento di dare tutto di se stessa. Duemila anni dopo di lui è come sessanta. È appena passato e i giardini di Israele fremono ancora per il suo passaggio, come dopo una bomba, onde infuocate di un soffio.
(C. Bobin, “L’uomo che cammina”, 9-11)

Canto (scelto dal repertorio della comunità)

09 – ECCO L’UOMO

Noi ti preghiamo uomo della croce,
Figlio e Fratello noi speriamo in Te.
Noi ti preghiamo uomo della croce
Figlio e Fratello noi speriamo in Te.

Nella memoria di questa passione,
noi ti chiediamo perdono Signore,
per ogni volta che abbiamo lasciato,
il tuo fratello morire da solo.

Nella memoria di questa tua morte,
noi ti chiediamo coraggio Signore,
per ogni volta che il dono d’amore,
ci chiederà di soffrire da soli.

Nella memoria dell’ultima cena,
noi spezzeremo di nuovo il tuo pane,
ed ogni volta il tuo corpo donato,
sarà la nostra speranza di vita.

SALUTO
Cel. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Tutti Amen.
Cel. Il Signore sia con voi.
Tutti E con il tuo spirito.

INVITO ALLA PREGHIERA
Cel. O alto e glorioso Dio,
illumina le tenebre del cuore mio. Dammi una fede retta,
speranza certa, carità perfetta
e umiltà profonda.
Dammi, Signore,
senno e discernimento
per compiere
la tua vera e santa volontà.
Tutti Amen.

Vai allo Stabat Mater n. 2

II STAZIONE
Gesù tradito da Giuda e abbandonato dai suoi

Cel. Ti adoriamo, o Cristo,
e ti benediciamo.

Tutti Perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo.

Dal Vangelo secondo Marco
(14,43a.45-46.50-52)
E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici. Appena giunto, gli si avvicinò e disse: “Rabbì” e lo baciò. Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.

MEDITAZIONE
Un bacio stravolge tutto.
Dal gesto sublime dell’amore, dell’affetto, dell’amicizia, della pace germoglia un tradimento che vìola la fiducia, che porta alla croce.
E ci ritroviamo, senza più quelle solide basi che sorreggono le nostre vite, quelle certezze che accompagnano i nostri giorni, sommersi nelle nostre solitudini, impauriti da un futuro ignoto, fragili, come foglie d’autunno soffiate dal vento.
E poi il silenzio, il silenzio assordante dell’abbandono, e in quel silenzio, in quel buio, irrompi Tu.
Tu a volte inaspettato, a volte atteso, a volte cercato, sempre ci sei, a ridare colore alla vita con grida di speranza.
Ce l’hai fatta Signore, anche questa volta ad aiutarci a rialzare la testa, a guardare verso l’alto, ad aprire gli occhi ed il cuore, e ad accogliere Giuda nel nostro perdono.
No, non bastano trenta denari Signore, non basta il bacio del tradimento, Tu, Gesù, risorgi ogni giorno e noi con te.
(Paolo, animatore giovani)

Cel.
Signore, non sono degno
che tu entri,
ma io ti apro lo stesso.
Ti apro la porta più larga
della mia anima.
Ma tu l’hai già scardinata
con la tua Croce. Amen.
(Primo Mazzolari)

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IV STAZIONE
Gesù è rinnegato da Pietro

Cel. Ti adoriamo, o Cristo,
e ti benediciamo.

Tutti Perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo.

Dal Vangelo secondo Marco
(14,66-68.72)
Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: “Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù”. Ma egli negò, dicendo: “Non so e non capisco che cosa dici”. Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: “Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai”. E scoppiò in pianto.

MEDITAZIONE
Senza tetto ma sotto le stelle. Un braciere riscalda le buie e fredde ore della notte. Notte unica eppure simile a tante altre. «Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò!». Pietro mostra tutta la sua bravura, mette in pratica la generosità impulsiva, vuole essere d’aiuto nella sofferenza. Quante volte anch’io così. Non considerando però che prima o poi arriva la debolezza, il momento di fare spazio alla verità. Grazie a Dio! E la strada la aprono i fratelli.
Basta uno sguardo triste che bussa, interpella, chiede casa. Due occhi che guardano in profondità e ti riconoscono per quello che sei. Basta uno sguardo per farci tornare nella vergogna ed intraprendere la strada della negazione. Ora il volto senza speranza è il nostro, ora s’incontra la vita che è fragile. Una vita che ci appartiene. Si ha paura e si cade. Si tradisce. Un nuovo canto di gallo squarcia il silenzio e la coscienza. Dietro quello sguardo che chiede, comprendiamo cos’è l’amore e facciamo esperienza di umiltà. Pensavamo di poter dare tanto ma non tutto, invece scopriamo che siamo noi i poveri, non sappiamo e non capiamo cosa accade, eppure siamo resi degni di dare tutto. Come sarà per Pietro. “Seguimi” (Gv 21).
Antonello, volontario Dormitorio don Vito Diana

Cel.
Io mi abbandono, o Dio,
nelle tue mani.
Gira e rigira questa argilla
come creata
nelle mani del vasaio.
Dalle una forma e poi spezzala,
se vuoi.
Domanda, ordina:
“Che cosa vuoi che io faccia,
che cosa vuoi che io non faccia?”
(Robert Kennedy)

Vai allo Stabat Mater n. 6

VI STAZIONE
Gesù è flagellato e coronato di spine

Cel. Ti adoriamo, o Cristo,
e ti benediciamo.

Tutti Perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo.

Dal Vangelo secondo Marco
(15,15b.17-19)
Pilato dopo aver fatto flagellare Gesù lo consegnò perché fosse crocifisso. Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: “Salve, re dei Giudei!”. E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui.

MEDITAZIONE
Derisi da una generazione che non ha saputo costruire e dare un futuro ai propri figli, flagellati da una costante precarietà di vita e di lavoro, incoronati dalla perenne fragilità, percossi dalla fascinazione del male che promette profitti facili nelle file dei clan, insultati nella loro intelligenza, lontani dal loro mondo culturale, i giovani hanno il volto di Gesù. Ci chiedono tempo e noi diamo loro spazio, ci chiedono relazione e noi forniamo loro servizi, ci chiedono vita fraterna e noi offriamo loro strutture, ci chiedono amicizia e noi facciamo per loro attività. Sotto il peso della derisione e delle percosse, il giovane, come Gesù, ci chiede prima ancora che cose da fare, di essere presenti. Presenti nel loro percorso di vita, facendo il primo passo, eliminando barriere e distanze, provocando la gioia ed il desiderio di essere amici, creando un clima familiare dove si sentano liberi e capaci di esprimere sé stessi, offrendo amore ed accoglienza incondizionata. La disponibilità, l’ascolto, la gioia e la dedizione sono le note essenziali per suscitare processi di salvezza, e sono le stesse note che caratterizzano il percorso del Figlio di Dio verso la croce e la risurrezione.
(don Francesco, Direttore salesiano Redentore-Bari)

Cel.
Gesù, aiutaci a capire
che bere il tuo calice
non è un atto eroico
con una bella ricompensa,
non fa parte di un accordo.
Bere il calice è un atto
d’amore disinteressato,
un atto di immensa fiducia,
un atto di abbandono a Dio.
Amen.

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VIII STAZIONE
Gesù è aiutato dal Cireneo a portare la croce

Cel. Ti adoriamo, o Cristo,
e ti benediciamo.

Tutti Perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo.

Dal Vangelo secondo Marco
(15,21)
Costrinsero a portare la croce di Gesù un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo.

MEDITAZIONE
Assaporavo già il tepore della mia quotidianità, dopo una lunga giornata di lavoro, e improvvisamente ho dovuto farmi carico di un peso non mio. Non mi sono prestato, mi hanno ordinato di farlo e non ho potuto dire di no.
«Ma perché proprio io?», accanto a questo dolore con cui non sembra che io abbia nulla da spartire.
Sotto un peso che non so quanto sarò capace di reggere, me lo chiedo ancora: «perché proprio io? con il mio essere uomo qualsiasi, senza particolare forza, senza particolare qualità».
Ma adesso, comunque, io sento che non posso tirarmi indietro e questo dolore e questa fatica, parte di un dolore e di una fatica più grandi, stanno diventando anche miei, magari senza colpa, ma anche senza merito.
Sotto un peso che è materiale, fisico, ma che si trasforma, si trasfigura e si posa anche nell’anima e nel cuore, mi metto in ascolto di una storia che è più grande di me.
E allora, per quel che posso, sento di dover alleviare la fatica di colui a cui sono stato messo accanto, straniero che mi chiede di farmi fratello, e così, col respiro che si rompe a ogni passo, gli chiederò il suo nome e gli dirò il mio nome e i nostri nomi pronunciati insieme renderanno più lieve questa ascesa. 
(Filippo, Direttore Comunità Terapeutica “Lorusso-Cipparoli”)

Cel.
O Signore, sull’esempio
di te crocifisso,
io devo riunire corpo,
cuore e spirito.
E in tutta la mia lunghezza,
devo distendermi sulla croce
del momento presente. […]
Là insieme salveremo
i nostri fratelli.
Signore,
aiutami a morire per te.
Aiutami a morire per loro.
(Michel Quoist)

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X STAZIONE
Gesù è crocifisso

Cel. Ti adoriamo, o Cristo,
e ti benediciamo.

Tutti Perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo.

Dal Vangelo secondo Marco
(15,25.31.34)
Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: “Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Alle tre, Gesù gridò a gran voce: “ Eloì, Eloì, lemà sabactàni?”, che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”.

MEDITAZIONE
Il supplizio della croce è un rito di morte che si svolge adagio, senza pietà per chi muore. Ma Gesù non salva se stesso. “Non può”, dicono, mettendo in rilievo la sua impotenza. Perché tanto odio? È il gusto di gente debole e violenta, che per sentirsi forte, deve colpire un vinto. È successo sul Calvario, succede in tante parti, ovunque ci sia un povero uomo umiliato come il crocifisso. È accaduto a Floribert Bwana Chui, giovane della Comunità di Sant’Egidio di Goma, nella Repubblica Democratica del Congo. Floribert, funzionario delle dogane, rifiutò migliaia di dollari affinché facesse passare una partita di riso avariato. Fu torturato e ucciso nel luglio 2007, la sua coscienza gli impediva di scendere a patti. E come dimenticare un altro cristiano, un altro martire: Shahbaz Bhatti? Ministro per le Minoranze del Pakistan, Shahbaz fu ucciso il 2 marzo 2011, per non aver voluto rinunciare alle sue battaglie per i deboli e gli oppressi. Anche Gesù, il figlio di Dio, muore indifeso, abbandonato, torturato. Leggere questo Vangelo oggi è ricordare questi fratelli. È porsi una domanda: Noi da che parte stiamo? Io da che parte sto? Sto solo a guardare? Molti, troppi, stanno solo a guardare e così Gesù è condannato a morte.
(Francesco, Comunità di Sant’Egidio)

Cel.
Signore Gesù Cristo,
dall’alto tu ci vuoi attirare
tutti a te:
scuotici dall’illusione
di volerti ammirare o adorare,
invece di imitarti e assomigliarti.
Amen.
(Søren Kierkegaard)

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XII STAZIONE
La madre e il discepolo accanto alla croce di Gesù

Cel. Ti adoriamo, o Cristo,
e ti benediciamo.

Tutti Perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo.

Dal Vangelo secondo Giovanni
(19,25-27)
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!”. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
[Dal Vangelo secondo Luca]
(23,46)
Poi Gesù, gridando a gran voce, disse: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Detto questo, spirò.

MEDITAZIONE
Sono nata a Kandahar 22 anni fa, sono stata in Italia per quasi tutta l’infanzia e di questo non smetterò mai di ringraziare mio padre che ha voluto che io vedessi un mondo di pace, poi sono tornata in Afghanistan. Ho conosciuto gli italiani, sono come noi. Così a questo popolo che ho amato invio la mia preghiera. In Italia c’è la mafia che si è diffusa come un cancro in tutto il mondo, facendo stragi: sono felice che per questo nessuno abbia mai pensato di bombardare l’Italia, di darla da governare a stranieri, di riempirla di bombe, mine e pianto: la mafia non avrebbe perso, mentre gli italiani avrebbero visto i loro sogni trasformarsi in orrore e incubi. Ero con il mio bimbo e il mio giovane uomo, quando lui è andato a combattere. Non volontario, non terrorista. È partito perché i giovani ragazzi vengono arruolati dagli eserciti di tutto il mondo quando c’è la guerra. Aveva 20 anni e se ne è andato senza guardare il suo bimbo che piangeva. Forse immaginava che non l’avrebbe visto più, non voleva vederlo in lacrime. Cadevano le bombe l’ultima volta che l’ho visto, il rumore era assordante e la gente gridava e correva in cerca di rifugi che non ci sono. Così non so se ha sentito il mio saluto….
La notte ho stretto il mio bimbo che non dormiva più. Chiedeva perché, ma io non sapevo cosa rispondergli. Non si può dire ad un bimbo che il mondo odia il terrorismo, che significa uccidere gli innocenti, e così in risposta bombarda noi… E ora vorrei morire perché in una di quelle notti da incubo la casa è esplosa su noi abbracciati. E che cosa ha potuto fare la mamma per il suo bimbo? Gli avevo promesso protezione, la bomba è caduta e lui nel terrore mi ha guardata come a ricordarmi la promessa. Ho chiesto a Dio di mandare un’altra bomba a uccidermi, sentivo di non farcela. E invece stavo già correndo, cercando aiuto, tra le bombe e le fiamme e con altre mamme con i loro bimbi tra le braccia… Ho affidato la mia lettera ad una amica che è scappata in Europa; io da qui non posso scappare, il mio bambino è steso in un letto. Credo che nessuna delle belle persone che ho incontrato lì da voi avrebbe voluto pagare con le sue tasse la bomba che ha tolto la speranza a mio figlio. Eppure, quella bomba l’avete pagata anche voi. Se favorire involontariamente chi uccide innocenti è terrorismo, allora gli italiani sono terroristi? Non lo sono, come non lo sono io. Siamo le vittime della guerra… Non cestinate la mia preghiera, voglio immaginare che esista una speranza.
La speranza la costruiamo anche noi stando accanto ai tanti crocifissi e vittime delle guerre e denunciando che la guerra è sempre una inutile strage.

Cel.
Gesù crocifisso,
è finita l’illusione
di una felicità senza Dio!
Torniamo a te,
unica speranza
e unico liberatore,
unica gioia e unica verità
che riempie il cuore
e dà senso e dignità
alla vita di tutti. Amen.
(Rashida riportata da Angelo Comastri)

Vai allo Stabat Mater n. 14

XIV STAZIONE
Gesù è deposto dalla croce nel sepolcro

Cel. Ti adoriamo, o Cristo,
e ti benediciamo.

Tutti Perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo.

Dal Vangelo secondo Marco
(15,46)
Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro.

MEDITAZIONE
Gesù è deposto nel sepolcro. Cosa significa “deporre”?
Deporre esprime il porre giù un oggetto, una parola, un corpo con gesto definitivo, irreversibile. Il sepolcro, spazio buio e chiuso, è infatti simbolo di un tempo che viene sigillato per sempre, concluso nel suo divenire: lì muore ogni speranza e ogni possibilità di vita.
Anche noi viviamo momenti in cui “siamo deposti”: lì la vita si congela e smarrisce il suo senso. Sono i giorni che seguono le sconfitte, i fallimenti, le perdite. Sono le ore del dolore e del lutto, della morte e della nostalgia, del silenzio muto di chi non ha più parole perché tutte le parole sono state consumate. Sono i lunghi minuti in cui la pietra rotolata sulla tomba di tutte le attese appare sigillo di morte di ogni promessa.
Il Sabato del Silenzio è il tempo del duro faccia a faccia con tutte le nostre disperazioni, è l’appuntamento con le nostre paure più profonde che depongono la loro sentenza: “Ormai è finita per sempre!”
Gesù, nel suo non ribellarsi alla croce e avendo fede nella potenza inesprimibile della Vita, ci svela invece che la storia non finisce nei sepolcri.
Egli ci chiede: Sarete capaci di abitare il vostro sepolcro rendendo quel giorno non l’ultimo, ma una “Vigilia”? Credete voi che le sconfitte e le disperazioni possano essere non una tomba ma il canale di un parto? Riuscirete a togliervi definitivamente gli abiti a lutto e a rendere “Santo” questo vostro giorno e madre di tutte le Vigilie?
(Ignazio, psicoterapeuta e formatore)

Cel.
Non lasciarci sorprendere
dalla paura e dalla stanchezza
davanti all’ombra della tua croce
– perché noi abbiamo paura
anche dell’ombra –
ma infondici
l’ardore del tuo Spirito
per aderire a te
e con te portare a compimento
la santa, adorabile
volontà del Padre. Amen.
(Anna Maria Cànopi)

Vai allo Stabat Mater n. 15

CONCLUSIONE
Guida
Ho visto un giorno un vecchio orologio fermo ripartire da solo, e ho compreso, ho intuito
che tu non smetterai di vivere con la mia morte. Ma a cosa serve chiedersi che cos’è la morte, poiché la porta che si aprirà allora sarà magnifica, anche se si affaccerà su un terreno abbandonato?
Bisogna macinare a lungo le parole
e morire in silenzio per far cuocere il pane del cielo.
Morire, è come innamorarsi: si sparisce, e non si danno più notizie di sé a nessuno. Quando dubito, il mio cuore è più fragile di un lampone,
ma quando mi affido a te, è più duro di un diamante. Voglio ben soffrire, ma non voglio disperare.
Non lascerò che nessuno spenga in me la piccola lampada rossa della fiducia. Essi temono la morte più di tutto,
senza accorgersi che c’è una cosa ancor più temibile: una vita senza amore. Nell’istante terribile in cui non c’è più niente da credere o da sperare
– non più aria né porte – tu sorgi.
Tu vieni quando nessuno più può consolarci:
tu seppellisci segretamente quanto amiamo in fondo al nostro cuore, ben al riparo dal tempo.
Se è verso di te che mi volgo, anche se la morte si mettesse tra noi, non fa nulla, tu la farai dileguare.
La morte, che appartiene al tempo,
non può toccare qualcosa che non appartenga al tempo. Il Dio in cui credo non è forte,
ma è tanto invincibile quanto una corrente d’aria. Nessuno può fermarmi adesso.
(C. Bobin, “Il Cristo dei papaveri”)

PREGHIERA
Santa Maria, Vergine della notte,
noi t’imploriamo di starci vicino
quando incombe il dolore, e irrompe la prova,
e sibila il vento della disperazione,
e sovrastano sulla nostra esistenza
il cielo nero degli affanni o il freddo delle delusioni,
o l’ala severa della morte.
Liberaci dai brividi delle tenebre.
Nell’ora del nostro Calvario,
tu, che hai sperimentato l’eclisse del sole,
stendi il tuo manto su di noi,
sicché, fasciati dal tuo respiro,
ci sia più sopportabile la lunga attesa della libertà.
Alleggerisci con carezze di madre la sofferenza dei malati.
Riempi di presenze amiche e discrete
il tempo amaro di chi è solo.
Spegni i focolai di nostalgia nel cuore dei naviganti,
e offri loro la spalla perché vi poggino il capo.
Preserva da ogni male i nostri cari
che faticano in terre lontane e conforta,
col baleno struggente degli occhi,
chi ha perso la fiducia nella vita.
Ripeti ancora oggi la canzone del Magnificat,
e annuncia straripamenti di giustizia
a tutti gli oppressi della terra.
Non ci lasciare soli nella notte a salmodiare le nostre paure.
Anzi, se nei momenti dell’oscurità
ti metterai vicino a noi
e ci sussurrerai che anche tu stai aspettando la luce,
le sorgenti del pianto si dissecheranno sul nostro volto.
E sveglieremo insieme l’aurora.
Così sia.
(Don Tonino Bello)

BENEDIZIONE

30 – TI SALUTO CROCE SANTA

Ti saluto o Croce santa
che portasti il Redentor.
Gloria, lode, onor ti canta
ogni lingua ed ogni cuor.

Sei vessillo glorioso di Cristo
sei salvezza del popol fedel
Grondi sangue innocente sul tristo
che ti volle martirio crude.

Tu nascesti fra braccia amorose,
d’una vergine madre o Gesù
Tu moristi fra braccia pietose,
d’una croce che data ti fu.

CANTO STABAT MATER
(Santa Madre deh voi fate!)

1
Chiusa in un dolore atroce,
eri là sotto la croce,
dolce Madre di Gesù.

Santa Madre, deh! Voi fate
che le piaghe del Signore
siano impresse nel mio cuore.

2
Il tuo cuore desolato,
fu in quell’ora trapassato,
dallo strazio più crudel.

Santa Madre, deh! Voi fate
che le piaghe del Signore
siano impresse nel mio cuore.

3
Quanto triste, quanto affranta,
ti sentivi, o Madre santa,
del divino salvator.

4
Con che spasimo piangevi,
mentre trepida vedevi,
il tuo Figlio nel dolor.

5
Se ti fossi stato accanto,
forse non avrei pianto,
o Madonna, anch’io con te?

6
Dopo averti contemplata,
col tuo Figlio addolorata,
quanta pena sento in cuor!

7
Santa Vergine, hai contato
tutti i colpi del peccato,
nelle piaghe di Gesù.

8
E vedesti il tuo Figliolo,
così afflitto, così solo,
dare l’ultimo respir.

9
Dolce Madre dell’amore
fa’ che il grande tuo dolore,
io lo senta pure in me.

10
Fa’ che il tuo materno affetto,
per tuo Figlio benedetto,
mi commuova e infiammi il cuor.

11
Le ferite che il peccato
sul tuo corpo ha provocato
siano impresse, o Madre, in me.

12
Del Figliolo tuo trafitto,
per scontare il mio delitto,
condivido ogni dolor.

13
Di dolori quale abisso,
presso, o Madre, al crocifisso,
voglio piangere con Te.

14
Con amor di figlio, voglio
fare mio il tuo cordoglio,
rimanere accanto a Te.

15
O Madonna, o Gesù buono,
vi chiediamo il grande dono
dell’eterna gloria in ciel.