VIA CRUCIS DISPARI
PRENDIAMO
LA FORMA DEL PANE
La Via Crucis nasce come pio esercizio nella Chiesa a partire dal Medioevo. Essa rinvia all’ultimo tratto del cammino di Gesù sulla terra posto tra l’uscita dal cenacolo verso il monte degli ulivi e il luogo del Golgota, dove si consuma la sua morte e avviene la sua sepoltura.
Tutta la vita di Gesù è un cammino sospinto dalla forza dello Spirito, dal deserto delle tentazioni fino al Calvario dell’estrema e definitiva prova d’amore per l’umanità. Un amore sofferto che diventa offerta e consegna dentro un progetto di salvezza e di risurrezione per molti.
La Via Crucis nasce come volontà dei cristiani di partecipare, da ogni angolo della terra, ai sentieri e alle strade percorse da Gesù a Gerusalemme portando la croce.
La Chiesa così conserva e tramanda la memoria storica degli avvenimenti e delle tappe del cammino della croce, che racchiudono e svelano il mistero dell’amore di Dio, la cui memoria sacramentale è l’Eucaristia.
“Alto e fragile” è il tema svolto nella Via Crucis proposta per le nostre comunità parrocchiali. “Fragile” richiama la dimensione della sofferenza, della debolezza, del limite umano. “Alto” racchiude l’esperienza della resurrezione, i germogli di vita e rinascita nascosti nel quotidiano. “Alto e fragile” sono le coordinate della croce di Gesù, le direttrici esistenziali entro cui germoglia l’amore crocifisso che, proprio quando vive l’abbassamento più totale, si eleva come punto risolutore e di salvezza per abbracciare il mondo intero. “Alto e fragile” è la misura del dono infinito che Dio fa a ciascuno di noi nel suo Figlio Gesù.
Le stazioni di questa Via Crucis seguono i brani biblici della passione e morte di Gesù di Nazareth. Le riflessioni riportate sono storie di vita segnate dalla prova, intrecciate dall’amore, aperte alla speranza. I disegni che sviluppano il significato e il senso dei testi sono stati realizzati da Giuseppe Pacucci, un giovane di sedici anni.
Guida
Cammina. Senza sosta cammina. Va qui e poi là. Trascorre la propria vita su circa sessanta chilometri di lunghezza, trenta di larghezza. E cammina. Senza sosta. Si direbbe che il riposo gli è vietato. Quello che si sa di lui lo si deve a un libro. Se avessimo un orecchio un po’ più fine, potremmo fare a meno di quel libro e ricevere notizie di lui ascoltando il canto dei granelli di sabbia, sollevati dai suoi piedi nudi. Nulla si riprende dal suo passaggio e il suo passaggio non conosce fine. Sono dapprima in quattro a scrivere su di lui. Quando scrivono hanno sessant’anni di ritardo sull’evento del suo passaggio. Noi ne abbiamo molti di più: duemila. Tutto quanto può essere detto su quest’uomo è in ritardo rispetto a lui. Conserva una falcata di vantaggio e la sua parola è come lui, incessantemente in movimento, senza fine nel movimento di dare tutto di se stessa. Duemila anni dopo di lui è come sessanta. È appena passato e i giardini di Israele fremono ancora per il suo passaggio, come dopo una bomba, onde infuocate di un soffio.
(C. Bobin, “L’uomo che cammina”, 9-11)
Canto (scelto dal repertorio della comunità)
SALUTO
Cel. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Tutti Amen.
Cel. Il Signore sia con voi.
Tutti E con il tuo spirito.
INVITO ALLA PREGHIERA
Cel. O alto e glorioso Dio,
illumina le tenebre del cuore mio. Dammi una fede retta,
speranza certa, carità perfetta
e umiltà profonda.
Dammi, Signore,
senno e discernimento
per compiere
la tua vera e santa volontà.
Tutti Amen.
I STAZIONE
Gesù in agonia nell’orto degli ulivi
Cel. Ti adoriamo, o Cristo,
e ti benediciamo.
Tutti Perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo.
Dal Vangelo secondo Marco
(14,32-36)
Giunsero a un podere chiamato Getsèmani ed egli disse ai suoi discepoli: “Sedetevi qui, mentre io prego”. Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu».
MEDITAZIONE
È Vangelo quello che abbiamo ascoltato? Dov’è la bella, buona notizia? Nel Getsemani facciamo esperienza del Silenzio di Dio, della sofferenza inaudita e della solitudine. Il Getsemani rappresenta il portale della Passione di Cristo e dunque di quella dell’uomo. È in realtà la porta stretta che l’uomo è chiamato ad attraversare mentre nella sua vita cala, profonda, la notte. È questa l’esperienza degli ammalati che varcano la soglia del nostro Hospice “Aurelio Marena” e della Casa Alloggio per malati di AIDS. Luoghi che accolgono la domanda a cui finanche Dio sembra non rispondere: “Perché a me?”. Luoghi in cui si sperimenta la consapevolezza del tempo che si fa breve. Ma sono anche luoghi del paradosso. Perché lì si canta la vita. Luoghi educativi che insegnano l’importanza e la bellezza della vita fino al suo ultimo istante. In Hospice, nella Casa Alloggio si vive, sì il Getsemani, ma con la compagnia di uomini e donne che si mettono accanto; che, prima ancora che medici, infermieri, oss, amministrativi, volontari e sacerdoti, sono veri e propri educatori. In questi luoghi tutti, gli ammalati, le loro famiglie e coloro che se ne prendono cura, sono chiamati ad attraversare la sofferenza imparando ad ascoltare il silenzio di Dio che è, in realtà, una presenza viva, una carezza, una mano forte che sostiene, una lacrima che bagna il terreno dell’angoscia e dà senso profondo all’invocazione del Cristo: “Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu”. E quello che il Signore vuole per noi è che la nostra vita fiorisca, perché lui è fedele alle sue promesse e non alle nostre attese, nella consapevolezza che il dolore dell’agonia è in realtà il dolore del parto. Certo non è facile. Non è stato facile per Gesù, tentato di sfiducia nell’orto degli ulivi. Ma questo è, molto probabilmente Vangelo, Bella notizia. Nonostante tutto.
(Giovanni, Direttore Amministrativo Fondazione Opera Ss. Medici di Bitonto)
Cel. Sulla via del dolore
che conduce al Calvario
io ti chiedo, o Gesù,
di divenirti compagno.
Amen.
(Giovanni Bardi)
III STAZIONE
Gesù è condannato dal Sinedrio
Cel. Ti adoriamo, o Cristo,
e ti benediciamo.
Tutti Perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo.
Dal Vangelo secondo Marco
(14,55.61b-62a.64b)
I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano.
Il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: “Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?”. Gesù rispose: “Io lo sono!”. Tutti sentenziarono che era reo di morte.
MEDITAZIONE
Capita spesso, nella vita di un uomo, di essere messo alla prova dal giudizio degli altri. Purtroppo, il più delle volte, si tratta di un giudizio negativo che, nostro malgrado, condiziona il nostro essere e la nostra vita.
Scegliere di adottare un bambino per donargli una famiglia che la vita gli ha negato pur essendo un suo diritto, comporta essere sottoposti a tanti giudizi e pregiudizi e solo la profonda convinzione che si sta facendo la cosa giusta, ti dà il coraggio di affrontarli e portare avanti il tuo progetto, proprio come Gesù che, senza timore, ha affrontato chi nel sinedrio gli contestava le sue scelte e il suo essere. Assistenti sociali, psicologi, giudici ti sottopongono ad un’analisi a volte dura e spietata, provando a mettere a nudo le tue debolezze e le tue fragilità di uomo/donna e di futuro papà/mamma, a volte senza pensare che un bambino infelice, perché bisognoso di chi possa prendersi cura di lui, possa colmare le tue imperfezioni.
Il cammino che bisogna affrontare è tutto in salita. Nei momenti più bui la certezza che dopo la sofferenza della croce c’è sempre la gioia della resurrezione ci ha dato la forza di arrivare fino in fondo.
Chivorn e Naziya ci hanno reso migliori e quello che davvero conta è la loro felicità, nella consapevolezza che non saranno cose come farli vivere in una grande casa o il non fargli mai mancare nulla le ragioni per cui ci ameranno per tutta la vita, ma semplicemente il nostro esserci per loro sempre e comunque.
(Pino)
Cel. Signore, aiutaci ad accettare
le pene e i conflitti
che ci aspettano
ogni giorno,
come opportunità di crescere
e di somigliarti di più.
Amen.
(Santa Teresa di Calcutta)
V STAZIONE
Gesù è giudicato da Pilato
Cel. Ti adoriamo, o Cristo,
e ti benediciamo.
Tutti Perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo.
Dal Vangelo secondo Marco
(15,12-15)
Pilato disse loro di nuovo: “Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?”. Ed essi di nuovo gridarono: “Crocifiggilo!”. Pilato diceva loro: “Che male ha fatto?”. Ma essi gridarono più forte: “Crocifiggilo!”. Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.
MEDITAZIONE
Pilato esibisce dinanzi ai giudei il folle confronto Gesù-Barabba, il brigante che portava il nome di figlio del Padre, in realtà un sedizioso, un omicida. La folla nel giro di questi pochi versetti urla forte per ben due volte sempre più forte “Crocifiggilo!”. Allora il pro- curatore romano in Giudea, dopo averlo fatto flagellare, “consegna” Gesù perché venga ucciso. Di fronte a Gesù non c’è giudice veritiero e tutto il processo è menzogna, falsità, accusa infondata, strategia ipocrita delle parti.
La politica non sempre ha parole e azioni giuste per la vita delle persone, degli innocenti, dei giusti, degli onesti. Lo sperimentiamo continuamente, tutti i giorni, non solo in tempi di pandemia e decreti: c’è sempre qualche governante che “vuol dare soddisfazione alla moltitudine”, che si fa sovrastare da microscopici, meschini interessi per non perdere consensi. Ma i giusti tacciono come Gesù, continuano coraggiosamente a resistere: si pensi per esempio a insegnanti e studenti in questi tempi difficili. Hanno lavorato come s’è potuto, realisticamente con quello che c’era e non con quello che avrebbe dovuto esserci, senza lamentarsi. L’insegnamento si è rivelato certo fragile ma solidale, fatto di “smarrimenti, cadute, sconfitte e riprese, ricominciamenti, riaperture, rilanci”. L’inciampo della politica non lo ha fermato. Torna alla mente la bella testimonianza di Etty Hillesum, giovane ebrea “resistente”. Nel suo diario meraviglioso scrive: “Possono renderci la vita un po’ spiacevole, possono privarci di qualche bene materiale o di un po’ di libertà di movimento, ma siamo noi stessi a privarci delle nostre forze migliori con il nostro atteggiamento sbagliato: con il nostro sentirci perseguitati, umiliati e oppressi, con il nostro odio e con la millanteria che maschera paura. Certo ogni tanto si può esser tristi e abbattuti per quel che ci fanno, è umano e comprensibile che sia così. E tuttavia: siamo soprattutto noi stessi a derubarci da soli”.
(Paola, un’insegnante di Belle Lettere)
Cel.
Signore, rendici attenti
alla sofferenza del mondo:
facci scoprire solidali nella povertà
con tutti i desolati
e oppressi della terra. Amen.
(Bruno Forte)
VII STAZIONE
Gesù è caricato della croce
Cel. Ti adoriamo, o Cristo,
e ti benediciamo.
Tutti Perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo.
Dal Vangelo secondo Marco
(15,20)
Dopo essersi fatti beffe di Gesù, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.
MEDITAZIONE
“Dopo averlo schernito, lo spogliarono della porpora e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo” (Mc 15,20)
È dura accettare che una malattia inaspettata, quanto mai pericolosa, piombi nella tua vita, ti spogli della tua dignità, ti sottragga ai tuoi giorni consueti fatti di mille amate sovrastrutture deliranti e tante belle parole, per riportarti all’origine, per “rimetterti le tue vesti”, quelle della tua nudità.
Il cancro come percorso di rinascita, come passaggio catartico, come doloroso e straziante riavvicinamento al proprio autentico “Essere in Dio”.
O Gesù, ti contemplo schernito da chi oggi non ti riconosce vivente, da chi nega il tuo “esserci” obbedendo alla logica del “credo solo a ciò che vedo”, e sento farsi strada prepotente in me l’ardore di chi vuole gridare che sei Tu l’unico Signore della Vita, l’unica Presenza Amica nell’arida solitudine del dolore, l’unico Cuore pulsante che solido, forte, instancabile accompagna ciascuno lungo la via della CROCE.
Nella pesantezza del dolore concedici la leggerezza dell’abbandono fiducioso al tuo abbraccio rigenerante, ogni volta che gli eventi ci “conducono fuori per crocifiggerci”.
(Isabella)
Cel.
Guardate bene
le vostre mani stasera.
Poi contemplate quelle
del Signore sulla Croce…
Così bene aperte
che le volle inchiodate,
affinché non si chiudessero mai più.
(Roger Etchegaray)
IX STAZIONE
Gesù incontra le donne di Gerusalemme
Cel. Ti adoriamo, o Cristo,
e ti benediciamo.
Tutti Perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo.
Dal Vangelo secondo Luca
(23,27-28)
Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: “Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli.
MEDITAZIONE
In quanti siamo Signore Gesù a seguirti. Ci ritroviamo tutti concentrati sulle nostre angosce quotidiane, angosce che toccano il nostro corpo, ma che in realtà scopriamo essere il Tuo Corpo. Angosce che spesso tocchiamo fuori da noi ma che ci si stampano dentro, ci attanagliano e diventano disperazione buttata sul mondo, fatta soffrire ai nostri figli e ai figli dei nostri figli. Soffriamo per Te e per noi stessi. Siamo madri provate dalla vita, siamo donne, siamo uomini con un cuore di madre … cerchiamo di non far vivere ad altri ciò che stiamo subendo e portando su di noi, ma molto spesso non ci riusciamo. Ad un tratto c’è un momento in cui abbiamo il coraggio di alzare lo sguardo e incontriamo il Tuo Volto sulla nostra vita, si apre dentro di noi uno squarcio di cielo, uno squarcio di luce che apre il sipario sul nostro buio; è uno squarcio di speranza, di fiducia, di misericordia, è una luce che invade tutto. È trovarsi a sperimentare che sei Tu ad asciugare il nostro pianto, che sei Tu a fermare le nostre lacrime, perché la salvezza ha varcato la soglia della nostra casa. Vogliamo lasciarci salvare! Signore, salvaci!
Quando soffriamo sei Tu che sospiri in noi, quando generiamo alla vita sei Tu che respiri in noi, ed è proprio allora che diamo alla luce di nuovo i nostri figli e i figli che ci affidi. Quando amiamo è il Tuo stesso amore che varca le nostre angosce e ci restituisce alla vita. Finalmente viviamo ripercorrendo con te la Via della Croce che ci salva per sempre!
(Suore Francescane Alcantarine, Centro diurno “Volto Santo”)
Cel.
Davanti a te, crocifisso,
sento un insopprimibile
bisogno di aver accanto
tutti gli uomini.
La tua morte ci raccoglie,
ci unisce;
e il tuo sangue
ci salda nella comunione. Amen.
(Anastasio Ballestrero)
XI STAZIONE
Gesù promette il suo Regno al buon ladrone
Cel. Ti adoriamo, o Cristo,
e ti benediciamo.
Tutti Perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo.
Dal Vangelo secondo Luca
(23,33.42-43)
Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. E disse: “Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno”. Gli rispose: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso”.
MEDITAZIONE
La vicenda di quest’uomo appeso alla croce… tra cielo e terra a poche ore dalla sua morte è paradigma di tante vite umane fragili e spezzate bisognose di uno sguardo! Ecco chi è il buon ladrone…una persona che ha sbagliato che anche sul patibolo sul quale è finito tenta l’ultimo disperato furto per salvarsi la pelle. Chiede non perdono per il male commesso ma solo un semplice ricordo! Ricordati di me Gesù…parole fortissime, scarne, nude… che squarciano il buio della morte e lasciano intravedere già le prime timide luci di un’alba nuova. Una invocazione di senso… una preghiera straziante! Qui tra la vita e la morte la narrazione autobiografica di una vita vissuta… Ricordati di chi sono, dei miei peccati, del fallimento che è stata la mia vita, degli errori commessi, delle occasioni di bene che ho perduto, delle mie fragilità. Ora ho paura… ho bisogno di te… aiutami, restami accanto… ho perso tutto ma non la speranza di sapermi accanto a te! Amami così come sono, per quello che sono! Perdonami! In queste parole la consapevolezza del peccato e la gioia del perdono ritrovato. E nella condanna a morte la parola di Gesù: promessa di felicità e di libertà; germoglio di rinascita, di cambiamento, di speranza, di resurrezione: Oggi sarai con me nel Paradiso! Sul Golgota l’ultima conversione di un uomo… l’estremo gesto di amore e di infinita misericordia di Dio… che ama senza misura, che salva ciò che è perduto, che redime ciò che si è perso come tanti ragazzi reclusi e ristretti nel buio di un carcere che attendono la luce della libertà e di una vita nuova.
(don Evan, cappellano Carcere Minorile)
Cel.
Ti sei spogliato di tutto,
mio Signore e mio Dio […],
concedimi questa esperienza
di spogliazione
per imitarti
con l’amore del prossimo,
con l’obbedienza alle tue parole,
con la libertà di fronte
ai beni del mondo. Amen.
(Charles de Foucauld)
XIII STAZIONE
Gesù muore sulla croce
Cel. Ti adoriamo, o Cristo,
e ti benediciamo.
Tutti Perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo.
Dal Vangelo secondo Luca
(23,46)
Gesù, gridando a gran voce, disse: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Detto questo, spirò.
MEDITAZIONE
Il buio, in pieno giorno, e un uomo che soffre, e grida, poi si affida. Sembra il racconto di tante giornate diventate ordinarie in questi mesi che di ordinario hanno ben poco. È un racconto che ha il volto di uomini e donne, giovani e anziani, che sono genitori, figli, fratelli, amici, colleghi. Nei loro occhi la paura, la solitudine, la stanchezza, la fame d’aria. Sono gli occhi di Emanuele, che ti chiede di tranquillizzare sua moglie che è a casa, in pensiero per lui. Sono le mani di Stella, che stringono le tue per farsi forza mentre intorno è un continuo di allarmi e figure tutte uguali, di cui a stento si vedono gli occhi. Sotto le tute e i dispositivi vari, ogni volta ti senti un po’ come quel velo del tempio che si squarcia nel mezzo. Nessuno è davvero isolato, quando la Vita ti si aggrappa addosso e ti travolge un senso di umanità e di prossimità che non puoi ignorare. Non ci sono numeri, cognomi, cartelle. Sono storie di cui entri a far parte, storie che entrano nella tua. Ci si affida, e ci si appartiene. Ci si promette che “quando esco venite tutti a cena a casa mia”, che abbraccerò tua figlia se non potrai farlo tu, che ci torniamo insieme a vedere il mare. Si diventa custodi di vita, di fatiche, di progetti, di paure e speranze. C’è, in quella sofferenza e in quell’affidarsi, il senso di tutta la Vita che ci è stata donata: l’essere insieme, l’uno per l’altro, con fiducia e responsabilità.
(Monica, medico rianimatore)
Cel.
Abbi pietà di me.
Accoglimi nel tuo amore.
E quando il mio pellegrinaggio
si avvicinerà alla fine
e il giorno declinerà
e le ombre della morte
mi avvolgeranno,
pronuncia anche sulla mia fine
la tua ultima parola:
“Padre, nelle tue mani
consegno il mio spirito!”.
O buon Gesù! Amen.
(Karl Rahner)
CONCLUSIONE
Guida
Ho visto un giorno un vecchio orologio fermo ripartire da solo, e ho compreso, ho intuito
che tu non smetterai di vivere con la mia morte. Ma a cosa serve chiedersi che cos’è la morte, poiché la porta che si aprirà allora sarà magnifica, anche se si affaccerà su un terreno abbandonato?
Bisogna macinare a lungo le parole
e morire in silenzio per far cuocere il pane del cielo.
Morire, è come innamorarsi: si sparisce, e non si danno più notizie di sé a nessuno. Quando dubito, il mio cuore è più fragile di un lampone,
ma quando mi affido a te, è più duro di un diamante. Voglio ben soffrire, ma non voglio disperare.
Non lascerò che nessuno spenga in me la piccola lampada rossa della fiducia. Essi temono la morte più di tutto,
senza accorgersi che c’è una cosa ancor più temibile: una vita senza amore. Nell’istante terribile in cui non c’è più niente da credere o da sperare
– non più aria né porte – tu sorgi.
Tu vieni quando nessuno più può consolarci:
tu seppellisci segretamente quanto amiamo in fondo al nostro cuore, ben al riparo dal tempo.
Se è verso di te che mi volgo, anche se la morte si mettesse tra noi, non fa nulla, tu la farai dileguare.
La morte, che appartiene al tempo,
non può toccare qualcosa che non appartenga al tempo. Il Dio in cui credo non è forte,
ma è tanto invincibile quanto una corrente d’aria. Nessuno può fermarmi adesso.
(C. Bobin, “Il Cristo dei papaveri”)
PREGHIERA
Santa Maria, Vergine della notte,
noi t’imploriamo di starci vicino
quando incombe il dolore, e irrompe la prova,
e sibila il vento della disperazione,
e sovrastano sulla nostra esistenza
il cielo nero degli affanni o il freddo delle delusioni,
o l’ala severa della morte.
Liberaci dai brividi delle tenebre.
Nell’ora del nostro Calvario,
tu, che hai sperimentato l’eclisse del sole,
stendi il tuo manto su di noi,
sicché, fasciati dal tuo respiro,
ci sia più sopportabile la lunga attesa della libertà.
Alleggerisci con carezze di madre la sofferenza dei malati.
Riempi di presenze amiche e discrete
il tempo amaro di chi è solo.
Spegni i focolai di nostalgia nel cuore dei naviganti,
e offri loro la spalla perché vi poggino il capo.
Preserva da ogni male i nostri cari
che faticano in terre lontane e conforta,
col baleno struggente degli occhi,
chi ha perso la fiducia nella vita.
Ripeti ancora oggi la canzone del Magnificat,
e annuncia straripamenti di giustizia
a tutti gli oppressi della terra.
Non ci lasciare soli nella notte a salmodiare le nostre paure.
Anzi, se nei momenti dell’oscurità
ti metterai vicino a noi
e ci sussurrerai che anche tu stai aspettando la luce,
le sorgenti del pianto si dissecheranno sul nostro volto.
E sveglieremo insieme l’aurora.
Così sia.
(Don Tonino Bello)
BENEDIZIONE
CANTO STABAT MATER
(Santa Madre deh voi fate!)
1
Chiusa in un dolore atroce,
eri là sotto la croce,
dolce Madre di Gesù.
Santa Madre, deh! Voi fate
che le piaghe del Signore
siano impresse nel mio cuore.
2
Il tuo cuore desolato,
fu in quell’ora trapassato,
dallo strazio più crudel.
3
Quanto triste, quanto affranta,
ti sentivi, o Madre santa,
del divino salvator.
4
Con che spasimo piangevi,
mentre trepida vedevi,
il tuo Figlio nel dolor.
5
Se ti fossi stato accanto,
forse non avrei pianto,
o Madonna, anch’io con te?
6
Dopo averti contemplata,
col tuo Figlio addolorata,
quanta pena sento in cuor!
7
Santa Vergine, hai contato
tutti i colpi del peccato,
nelle piaghe di Gesù.
8
E vedesti il tuo Figliolo,
così afflitto, così solo,
dare l’ultimo respir.
9
Dolce Madre dell’amore
fa’ che il grande tuo dolore,
io lo senta pure in me.
10
Fa’ che il tuo materno affetto,
per tuo Figlio benedetto,
mi commuova e infiammi il cuor.
11
Le ferite che il peccato
sul tuo corpo ha provocato
siano impresse, o Madre, in me.
12
Del Figliolo tuo trafitto,
per scontare il mio delitto,
condivido ogni dolor.
13
Di dolori quale abisso,
presso, o Madre, al crocifisso,
voglio piangere con Te.
14
Con amor di figlio, voglio
fare mio il tuo cordoglio,
rimanere accanto a Te.
15
O Madonna, o Gesù buono,
vi chiediamo il grande dono
dell’eterna gloria in ciel.