RITIRO COMUNITARIO

11 SETTEMBRE 2021

PREGHIERA DI INIZIO


CANTI


TESTI BIBLICI

PER L’ADORAZIONE EUCARISTICA

APPROFONDIMENTI

SUGGERIMENTI E APPUNTI

PREGHIERA DI INIZIO

S. Signore, apri le mie labbra
T. e la mia bocca proclami la tua lode

Antifona (solista)
Adoriamo il Signore:
sua è la terra e ogni creatura.


SALMO 94    Invito a lodare Dio
SOLISTA-ASSEMBLEA

Venite, applaudiamo al Signore, *
   acclamiamo alla roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie, *
   a lui acclamiamo con canti di gioia (Ant.).

Poiché grande Dio è il Signore, *
   grande re sopra tutti gli dèi.
Nella sua mano sono gli abissi della terra, *
   sono sue le vette dei monti.
Suo è il mare, egli l’ha fatto, *
   le sue mani hanno plasmato la terra (Ant.).

Venite, prostràti adoriamo, *
   in ginocchio davanti al Signore che ci ha creati.
Egli è il nostro Dio, e noi il popolo del suo pascolo, *
   il gregge che egli conduce (Ant.).

Ascoltate oggi la sua voce: †
   «Non indurite il cuore, *
   † come a Merìba, come nel giorno di Massa
   nel deserto,dove mi tentarono i vostri padri: *
   mi misero alla prova,
     pur avendo visto le mie opere (Ant.).

Per quarant’anni mi disgustai di quella generazione †
   e dissi: Sono un popolo dal cuore traviato, *
   non conoscono le mie vie;
perciò ho giurato nel mio sdegno: *
   Non entreranno nel luogo del mio riposo» (Ant.).

Gloria al Padre e al Figlio *
   e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre *
   nei secoli dei secoli. Amen (Ant.).

Antifona (tutti)
Adoriamo il Signore:
sua è la terra e ogni creatura.

DAL LIBRO DELL’APOCALISSE
Ap 2,1-7
1All’angelo della Chiesa che è a Èfeso scrivi:
“Così parla Colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d’oro.
2Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua perseveranza, per cui non puoi sopportare i cattivi. Hai messo alla prova quelli che si dicono apostoli e non lo sono, e li hai trovati bugiardi.
3Sei perseverante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti.
4Ho però da rimproverarti di avere abbandonato il tuo primo amore. 5Ricorda dunque da dove sei caduto, convèrtiti e compi le opere di prima. Se invece non ti convertirai, verrò da te e toglierò il tuo candelabro dal suo posto.
6Tuttavia hai questo di buono: tu detesti le opere dei nicolaìti, che anch’io detesto.
7Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese. Al vincitore darò da mangiare dall’albero della vita, che sta nel paradiso di Dio”.

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SILENZIO

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Chiese vuote come segno e come sfida

L’anno scorso, prima di Pasqua, la cattedrale di Notre-Dame a Parigi è andata in fiamme; quest’anno [anno 2020], in Quaresima, in centinaia di migliaia di chiese di diversi continenti, nonché in sinagoghe e moschee, non si svolgono funzioni. Da sacerdote e teologo rifletto su queste chiese vuote o chiuse come se fossero un segno e una sfida provenienti da Dio. Comprendere il linguaggio di Dio negli eventi del nostro mondo richiede l’arte del discernimento spirituale, che a sua volta esige un distacco contemplativo dalle nostre emozioni e dai nostri pregiudizi sempre più forti, oltre che dalle proiezioni delle nostre paure e dei nostri desideri.

Nei momenti di calamità gli ‘agenti dormienti’ di un Dio malvagio e vendicativo diffondono la paura e ne fanno un capitale religioso per i propri fini. La loro visione di Dio è acqua per il mulino dell’ateismo da secoli. Ma io non vedo Dio, in un momento di calamità, come un regista irascibile, comodamente seduto dietro le quinte mentre gli eventi del nostro mondo precipitano, bensì come una fonte di forza operante in coloro che in tali situazioni danno prova di solidarietà e di un amore capace di sacrificio, compresi coloro, ebbene sì, le cui azioni non hanno una ‘motivazione religiosa’. Dio è amore umile e discreto.

Non posso però fare a meno di chiedermi se questo tempo di chiese vuote e chiuse non rappresenti una sorta di monito per ciò che potrebbe accadere in un futuro non molto lontano: fra pochi anni esse potrebbero apparire così in gran parte del nostro mondo. Non ne siamo già stati avvertiti più e più volte da quanto è avvenuto in molti Paesi, dove sempre più chiese, monasteri e seminari si sono svuotati o hanno chiuso? Perché abbiamo attribuito tanto a lungo questo fenomeno a influenze esterne (lo ‘tsunami secolarista’), invece di renderci conto che si stava concludendo un altro capitolo della storia del cristianesimo e che era tempo di prepararsi a uno nuovo?

Forse questo tempo di edifici ecclesiali vuoti mette simbolicamente in luce il vuoto nascosto delle Chiese, e il loro possibile futuro se non si compie un serio tentativo per mostrare al mondo un volto del cristianesimo completamente diverso. Abbiamo pensato troppo a convertire il ‘mondo’ (il ‘resto’) e meno a convertire noi stessi, che non significa un mero ‘migliorarci’, ma un radicale passaggio da uno statico ‘essere cristiani’ a un dinamico ‘divenire cristiani’.

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CANTI

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CANTICO Sap 9, 1-6. 9-11   
Signore, dammi la sapienza
Io vi darò lingua e sapienza a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere (Lc 21, 15).

A CORI ALTERNI

Coro 1
Dio dei padri e Signore di misericordia, *
che tutto hai creato con la tua parola, 
che con la tua sapienza hai formato l’uomo, *
perché domini sulle creature che tu hai fatto, 

Coro 2
e governi il mondo con santità e giustizia *
e pronunzi giudizi con animo retto, 
dammi la sapienza, che siede accanto a te in trono *
e non mi escludere dal numero dei tuoi figli, 

1
perché io sono tuo servo e figlio della tua ancella, †
uomo debole e di vita breve, *
incapace di comprendere la giustizia e le leggi. 

2
Anche il più perfetto tra gli uomini, †
privo della tua sapienza, *
sarebbe stimato un nulla.

1
Con te è la sapienza che conosce le tue opere, *
che era presente quando creavi il mondo; 
essa conosce che cosa è gradito ai tuoi occhi *
e ciò che è conforme ai tuoi decreti. 

2
Mandala dai cieli santi, *
dal tuo trono glorioso, 
perché mi assista e mi affianchi nella mia fatica *
e io sappia ciò che ti è gradito. 

1
Essa tutto conosce e tutto comprende: †
mi guiderà con prudenza nelle mie azioni *
e mi proteggerà con la sua gloria.

Tutti insieme
Gloria al Padre e al Figlio, * 
e allo Spirito Santo. 
Come era nel principio e ora e sempre, * 
nei secoli dei secoli. Amen .

INVOCAZIONI

Dio Padre ha voluto innalzare Maria, Madre di Cristo, al di sopra di tutte le creature angeliche e terrestri. Fiduciosi nella sua intercessione, preghiamo:   
Guarda la Madre del tuo Figlio e ascoltaci.


Ti rendiamo grazie, Padre immensamente buono, che ci hai dato Maria come madre e modello di vita cristiana,
— per sua intercessione guidaci sulla via della santità.

Tu che hai reso Maria attenta alla tua parola e l’hai fatta tua fedele ancella,
— per sua intercessione rendici discepoli e servitori del Figlio tuo.

Tu che hai dato a Maria il privilegio di essere madre per opera dello Spirito Santo,
— per sua intercessione concedi a noi i frutti del tuo Spirito.

Tu che hai reso intrepida la Vergine Maria presso la croce del tuo Figlio e l’hai rallegrata con l’immensa gioia della risurrezione,
— per sua intercessione consola le nostre pene e ravviva la nostra speranza.

PADRE NOSTRO

Ispira le nostre azioni, Signore,
e accompagnale con il tuo aiuto,
perché ogni nostra attività
abbia sempre da te il suo inizio
e in te il suo compimento.
Per il nostro Signore Gesù Cristo…

TESTI BIBLICI

DAL LIBRO DELL’APOCALISSE
Ap 2,1-7
1All’angelo della Chiesa che è a Èfeso scrivi:
“Così parla Colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d’oro.
2Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua perseveranza, per cui non puoi sopportare i cattivi. Hai messo alla prova quelli che si dicono apostoli e non lo sono, e li hai trovati bugiardi.
3Sei perseverante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti.
4Ho però da rimproverarti di avere abbandonato il tuo primo amore. 5Ricorda dunque da dove sei caduto, convèrtiti e compi le opere di prima. Se invece non ti convertirai, verrò da te e toglierò il tuo candelabro dal suo posto.
6Tuttavia hai questo di buono: tu detesti le opere dei nicolaìti, che anch’io detesto.
7Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese. Al vincitore darò da mangiare dall’albero della vita, che sta nel paradiso di Dio”.

Dal libro dell’Apocalisse
Ap 3,14-22
14All’angelo della Chiesa che è a Laodicèa scrivi: “Così parla l’Amen, il Testimone degno di fede e veritiero, il Principio della creazione di Dio. 15Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! 16Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca. 17Tu dici: Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo. 18Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco, e abiti bianchi per vestirti e perché non appaia la tua vergognosa nudità, e collirio per ungerti gli occhi e recuperare la vista. 19Io, tutti quelli che amo, li rimprovero e li educo. Sii dunque zelante e convèrtiti. 20Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me. 21Il vincitore lo farò sedere con me, sul mio trono, come anche io ho vinto e siedo con il Padre mio sul suo trono. 22Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese”.


Dalla seconda lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi
2Cor 6,1-18
1Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio.
2Egli dice infatti:
Al momento favorevole ti ho esaudito
e nel giorno della salvezza ti ho soccorso.
Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!
3Da parte nostra non diamo motivo di scandalo a nessuno, perché non venga criticato
il nostro ministero; 4ma in ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio con molta fermezza: nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, 5nelle percosse, nelle prigioni, nei
tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; 6con purezza, con sapienza, con magnanimità, con benevolenza, con spirito di santità, con amore sincero, 7con parola di verità, con potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra; 8nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama; come impostori, eppure siamo veritieri; 9come sconosciuti, eppure notissimi; come moribondi, e invece viviamo; come puniti, ma non uccisi; 10come afflitti, ma sempre lieti; come poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e invece possediamo tutto! 11La nostra bocca vi ha parlato francamente, Corinzi; il nostro cuore si è tutto aperto per voi. 12In noi certo non siete allo stretto; è nei vostri cuori che siete allo stretto. 13Io parlo come a figli: rendeteci il contraccambio, apritevi anche voi!
14Non lasciatevi legare al giogo estraneo dei non credenti. Quale rapporto infatti può esservi fra giustizia e iniquità, o quale comunione fra luce e tenebre? 15Quale intesa fra Cristo e Bèliar, o quale collaborazione fra credente e non credente? 16Quale accordo fra tempio di Dio e idoli?
Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto:
Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo. 17Perciò uscite di mezzo a loro e separatevi, dice il Signore, non toccate nulla d’impuro.
E io vi accoglierò 18e sarò per voi un padre e voi sarete per me figli e figlie, dice il Signore onnipotente.

PER L’ADORAZIONE EUCARISTICA

Il mistero di Cristo e della Chiesa, oggi

Da EVANGELII GAUDIUM, esortazione apostolica di Francesco (264)

La prima motivazione per evangelizzare è l’amore di Gesù che abbiamo ricevuto, l’esperienza di essere salvati da Lui che ci spinge ad amarlo sempre di più. Però, che amore è quello che non sente la necessità di parlare della persona amata, di presentarla, di farla conoscere? Se non proviamo l’intenso desiderio di comunicarlo, abbiamo bisogno di soffermarci in preghiera per chiedere a Lui che torni ad affascinarci. Abbiamo bisogno d’implorare ogni giorno, di chiedere la sua grazia perché apra il nostro cuore freddo e scuota la nostra vita tiepida e superficiale. Posti dinanzi a Lui con il cuore aperto, lasciando che Lui ci contempli, riconosciamo questo sguardo d’amore che scoprì Natanaele il giorno in cui Gesù si fece presente e gli disse: «Io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi» (Gv 1,48). Che dolce è stare davanti a un crocifisso, o in ginocchio davanti al Santissimo, e semplicemente essere davanti ai suoi occhi! Quanto bene ci fa lasciare che Egli torni a toccare la nostra esistenza e ci lanci a comunicare la sua nuova vita! Dunque, ciò che succede è che, in definitiva, «quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo» (1 Gv 1,3). La migliore motivazione per decidersi a comunicare il Vangelo è contemplarlo con amore, è sostare sulle sue pagine e leggerlo con il cuore. Se lo accostiamo in questo modo, la sua bellezza ci stupisce, torna ogni volta ad affascinarci. Perciò è urgente ricuperare uno spirito contemplativo, che ci permetta di riscoprire ogni giorno che siamo depositari di un bene che umanizza, che aiuta a condurre una vita nuova. Non c’è niente di meglio da trasmettere agli altri.

Da EVANGELII GAUDIUM, esortazione apostolica di Francesco (265)

Tutta la vita di Gesù, il suo modo di trattare i poveri, i suoi gesti, la sua coerenza, la sua generosità quotidiana e semplice, e infine la sua dedizione totale, tutto è prezioso e parla alla nostra vita personale. Ogni volta che si torna a scoprirlo, ci si convince che proprio questo è ciò di cui gli altri hanno bisogno, anche se non lo riconoscano: «Colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio» (At 17,23). A volte perdiamo l’entusiasmo per la missione dimenticando che il Vangelo risponde alle necessità più profonde delle persone, perché tutti siamo stati creati per quello che il Vangelo ci propone: l’amicizia con Gesù e l’amore fraterno. Quando si riesce ad esprimere adeguatamente e con bellezza il contenuto essenziale del Vangelo, sicuramente quel messaggio risponderà alle domande più profonde dei cuori: «Il missionario è convinto che esiste già nei singoli e nei popoli, per l’azione dello Spirito, un’attesa anche se inconscia di conoscere la verità su Dio, sull’uomo, sulla via che porta alla liberazione dal peccato e dalla morte. L’entusiasmo nell’annunziare il Cristo deriva dalla convinzione di rispondere a tale attesa».

L’entusiasmo nell’evangelizzazione si fonda su questa convinzione. Abbiamo a disposizione un tesoro di vita e di amore che non può ingannare, il messaggio che non può manipolare né illudere. È una risposta che scende nel più profondo dell’essere umano e che può sostenerlo ed elevarlo. È la verità che non passa di moda perché è in grado di penetrare là dove nient’altro può arrivare. La nostra tristezza infinita si cura soltanto con un infinito amore.

Da EVANGELII GAUDIUM, esortazione apostolica di Francesco (cf. 266)

[La convinzione che esista già nei singoli e nei popoli, per l’azione dello Spirito, un’attesa anche se inconscia di conoscere la verità su Dio, sull’uomo, sulla via che porta alla liberazione del peccato e della morte], si sostiene con l’esperienza personale, costantemente rinnovata, di gustare la sua amicizia e il suo messaggio. Non si può perseverare in un’evangelizzazione piena di fervore se non si resta convinti, in virtù della propria esperienza, che non è la stessa cosa aver conosciuto Gesù o non conoscerlo, non è la stessa cosa camminare con Lui o camminare a tentoni, non è la stessa cosa poterlo ascoltare o ignorare la sua Parola, non è la stessa cosa poterlo contemplare, adorare, riposare in Lui, o non poterlo fare. Non è la stessa cosa cercare di costruire il mondo con il suo Vangelo piuttosto che farlo unicamente con la propria ragione. Sappiamo bene che la vita con Gesù diventa molto più piena e che con Lui è più facile trovare il senso di ogni cosa. È per questo che evangelizziamo. Il vero missionario, che non smette mai di essere discepolo, sa che Gesù cammina con lui, parla con lui, respira con lui, lavora con lui. Sente Gesù vivo insieme con lui nel mezzo dell’impegno missionario. Se uno non lo scopre presente nel cuore stesso dell’impresa missionaria, presto perde l’entusiasmo e smette di essere sicuro di ciò che trasmette, gli manca la forza e la passione. E una persona che non è convinta, entusiasta, sicura, innamorata, non convince nessuno.

  • Alcune semplici domande ci possono aiutare nella rilettura spirituale di ciò che abbiamo vissuto e nel discernimento pastorale in vista di ciò che ci apprestiamo a vivere.

Guardando indietro: in che modo il mistero dell’amore misericordioso di Cristo mi si è manifestato in questo tempo di pandemia? Che cosa mi ha particolarmente addolorato? Che cosa mi ha profondamente consolato? Che cosa mi sembra di aver meglio compreso dell’uomo, del mondo e della Chiesa stessa?

Guardando avanti: dopo questa drammatica esperienza, in che modo il mistero d’amore del Risorto domanda di essere annunciato nella nostra parrocchia del Buon Pastore e nella nostra città di Bari? Che cosa lo Spirito si aspetta dalla nostra Comunità che sta riprendendo il suo cammino? In che cosa dovremo rinnovarci per essere sempre meglio la Chiesa del Signore? Che cosa dovremo ripensare? Da quali tentazioni dovremo guardarci e che cosa dovremo correggere? Su che cosa dovremo puntare? Quali scelte di fondo dovremo avere il coraggio di compiere?

  • Facci, Spirito Santo, il dono dell’evangelizzare [preghiera]

Rimani Tu l’artefice, noi rimaniamo mendicanti della continua novità del Vangelo, della continua sorpresa che è per noi l’evangelizzare.

Non è un compito, non un dovere, ma un dono che avremo fino alla fine, fino al nostro ultimo respiro. Ti chiediamo la grazia che anche quel momento sia accoglienza alta del dono di evangelizzare! Ogni nostro respiro, compreso l’ultimo, sia accoglienza dell’evangelizzare e diventi così atto evangelizzatore, atto alto e sacro perché l’evangelizzazione non chiede attese, programmi, spazi vuoti, ma ci chiede che il ritmo del nostro cuore, del nostro respirare sia atto di annuncio permanente e continuo.

Spirito Santo, concedi alla Chiesa, alla nostra comunità, alle nostre anime, di evangelizzare mentre respira.

Rendici evangelizzatori puri, integri senza mai mischiare la luce con le tenebre, l’armonia del cuore con ciò che è inutile e nocivo.

Rendici consapevoli della Tua continua azione di grazia, fa’ che mai facciamo scorrere invano il Vangelo, ma diventiamo grati e stupiti nel vedere il Vangelo continuamente vivo nella storia.

Spirito Santo, rendici poveri per farci ricchi solo del Vangelo, facci felici nel credere che essere nel Vangelo è avere tutto.

Disperdi le divisioni, risana le fratture, facci evangelizzatori dal cuore aperto, dilatato, madre che privilegia l’evangelizzazione del tu per tu, viso a viso.

Spirito Santo, donaci il coraggio per essere santi, grati dell’impagabile onore di essere figli. Amen.

APPROFONDIMENTI

TOMÁŠ HALÍK
IL SEGNO DELLE CHIESE VUOTE
PER UNA RIPARTENZA DEL CRISTIANESIMO

VITA E PENSIERO

Indice
La Chiesa come ospedale da campo       
Chiese vuote come segno e come sfida 
Una richiesta di riforma
Dov’è la Galilea di oggi?               
Cercare Cristo fra i cercatori      
Dio in tutte le cose    
     

Il nostro mondo è malato. Non mi riferisco soltanto alla pandemia del coronavirus, ma allo stato della nostra civiltà, che questo fenomeno globale rivela. In termini biblici, è un segno dei tempi.

All’inizio di questa insolita Quaresima [2020] molti di noi pensavano che l’epidemia avrebbe portato a una sorta di blackout a breve termine, a un’interruzione delle abituali attività sociali che in qualche modo avremmo affrontato e poi le cose sarebbero tornate come prima. Non andrà così. Anzi, se tentassimo di farle tornare come prima, non sarebbe un bene. Dopo questa esperienza globale il mondo non sarà più lo stesso, e probabilmente è giusto così.

È naturale che in momenti di gravi calamità ci preoccupiamo innanzitutto delle necessità materiali per la sopravvivenza, ma «non di solo pane vivrà l’uomo». E allora è forse giunto il momento di prendere in esame le implicazioni più profonde di questo colpo inferto alla sicurezza del nostro mondo. Potremmo dire che l’inevitabile processo di globalizzazione abbia raggiunto il suo picco: la vulnerabilità globale di un mondo globale s’è fatta evidente.

La Chiesa come ospedale da campo

Che tipo di sfida rappresenta questa situazione per il cristianesimo e la Chiesa – uno dei primi ‘attori globali’ – e per la teologia?

Papa Francesco ha detto che la Chiesa dovrebbe essere un «ospedale da campo»: una metafora per dire che essa non deve rimanere in splendido isolamento dal mondo, ma abbattere i propri confini e portare aiuto laddove le persone sono fisicamente, mentalmente, socialmente e spiritualmente afflitte. Sì, questo è il modo in cui la Chiesa può fare penitenza per le ferite inflitte di recente da suoi rappresentanti ai più indifesi… Ma proviamo a riflettere più a fondo sul significato di questa metafora, e a metterla in pratica.

Se la Chiesa dev’essere un ‘ospedale’, ovviamente deve continuare a offrire l’assistenza sanitaria, sociale e filantropica che offre fin dagli albori della sua storia. Ma, come un buon ospedale, deve adempiere anche ad altri compiti. Deve svolgere un ruolo diagnostico (identificando i ‘segni dei tempi’), un ruolo preventivo (creando un ‘sistema immune’ in una società in cui dilagano i virus maligni della paura, dell’odio, del populismo e del nazionalismo) e un ruolo da convalescenziario (superando i traumi del passato con il perdono).

Chiese vuote come segno e come sfida

L’anno scorso, prima di Pasqua, la cattedrale di Notre-Dame a Parigi è andata in fiamme; quest’anno, in Quaresima, in centinaia di migliaia di chiese di diversi continenti, nonché in sinagoghe e moschee, non si svolgono funzioni. Da sacerdote e teologo rifletto su queste chiese vuote o chiuse come se fossero un segno e una sfida provenienti da Dio. Comprendere il linguaggio di Dio negli eventi del nostro mondo richiede l’arte del discernimento spirituale, che a sua volta esige un distacco contemplativo dalle nostre emozioni e dai nostri pregiudizi sempre più forti, oltre che dalle proiezioni delle nostre paure e dei nostri desideri.

Nei momenti di calamità gli ‘agenti dormienti’ di un Dio malvagio e vendicativo diffondono la paura e ne fanno un capitale religioso per i propri fini. La loro visione di Dio è acqua per il mulino dell’ateismo da secoli. Ma io non vedo Dio, in un momento di calamità, come un regista irascibile, comodamente seduto dietro le quinte mentre gli eventi del nostro mondo precipitano, bensì come una fonte di forza operante in coloro che in tali situazioni danno prova di solidarietà e di un amore capace di sacrificio, compresi coloro, ebbene sì, le cui azioni non hanno una ‘motivazione religiosa’. Dio è amore umile e discreto. Non posso però fare a meno di chiedermi se questo tempo di chiese vuote e chiuse non rappresenti una sorta di monito per ciò che potrebbe accadere in un futuro non molto lontano: fra pochi anni esse potrebbero apparire così in gran parte del nostro mondo. Non ne siamo già stati avvertiti più e più volte da quanto è avvenuto in molti Paesi, dove sempre più chiese, monasteri e seminari si sono svuotati o hanno chiuso? Perché abbiamo attribuito tanto a lungo questo fenomeno a influenze esterne (lo ‘tsunami secolarista’), invece di renderci conto che si stava concludendo un altro capitolo della storia del cristianesimo e che era tempo di prepararsi a uno nuovo?

Forse questo tempo di edifici ecclesiali vuoti mette simbolicamente in luce il vuoto nascosto delle Chiese, e il loro possibile futuro se non si compie un serio tentativo per mostrare al mondo un volto del cristianesimo completamente diverso. Abbiamo pensato troppo a convertire il ‘mondo’ (il ‘resto’) e meno a convertire noi stessi, che non significa un mero ‘migliorarci’, ma un radicale passaggio da uno statico ‘essere cristiani’ a un dinamico ‘divenire cristiani’.
La Chiesa medievale fece un eccessivo uso punitivo dell’interdetto, portando l’intera macchina ecclesiastica a una sorta di ‘sciopero generale’ per cui non si tenevano funzioni e non si amministravano sacramenti. Come conseguenza, la gente iniziò a cercare sempre di più un rapporto personale con Dio, una fede ‘nuda’. Proliferarono confraternite laiche e si manifestò un’ondata di misticismo la quale contribuì senza dubbio a spianare la strada, da una parte, alla Riforma, non solo di Lutero e Calvino, ma, dall’altra, anche alla riforma cattolica legata ai gesuiti e all’espressione del misticismo spagnolo. Magari la scoperta della contemplazione potrebbe oggi contribuire al ‘percorso sinodale’ verso un nuovo concilio riformatore…

Una richiesta di riforma

Forse dovremmo accettare l’attuale astinenza dai servizi religiosi e dalle attività della Chiesa come kairós, come un’opportunità per fermarsi e impegnarsi in una approfondita riflessione davanti a Dio e con Dio. Sono convinto che sia giunto il momento di riflettere su come continuare il cammino di riforma necessario secondo papa Francesco: non tentare di tornare a un mondo che non esiste più e neanche affidarsi a mere riforme strutturali esteriori, ma andare al cuore del Vangelo, compiere un viaggio nel profondo.

Non vedo come un rimedio veloce sotto forma di artificiali surrogati, quale ad esempio la trasmissione delle messe in televisione, possa essere una buona soluzione in questo momento in cui il culto pubblico è sospeso. Un passaggio alla ‘devozione virtuale’, alla ‘comunione da re- moto’ in ginocchio davanti a uno schermo è qualcosa di veramente bizzarro. Forse dovremmo invece mettere alla prova la verità delle parole di Gesù: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Pensavamo davvero di potere risolvere la mancanza di sacerdoti in Europa importando ‘pezzi di ricambio’ per il macchinario della Chiesa da magazzini apparentemente infiniti in Polonia, Asia e Africa? Dobbiamo ovviamente prendere sul serio le proposte del sinodo amazzonico, ma abbiamo nello stesso tempo bisogno di accrescere la portata del ministero dei laici nella Chiesa (non dimentichiamo che in molti territori la Chiesa è sopravvissuta senza clero per interi secoli). Forse questo ‘stato di emergenza’ attuale è un indicatore del nuovo volto della Chiesa. E ha anche un precedente storico. Sono convinto che le nostre comunità cristiane – parrocchie, congregazioni, movimenti ecclesiali e comunità monastiche – dovrebbero cercare di avvicinarsi all’ideale che diede origine alle università europee: una comunità di allievi e maestri, una scuola di saggezza in cui la verità viene cercata attraverso la libera discussione e anche la profonda contemplazione. Quelle isole di spiritualità e dialogo potrebbero essere la fonte di una forza capace di guarire un mondo malato. Il giorno prima dell’elezione a papa, il cardinale Bergoglio citò un passo dell’Apocalisse in cui Gesù sta alla porta e bussa. E aggiunse: oggi Cristo sta bussando da dentro la Chiesa e vuole uscire. Forse è quello che ha appena fatto.

Dov’è la Galilea di oggi?

Da anni rifletto sul noto testo di Friedrich Nietzsche sul «folle» (lo sciocco cui solo è permesso dire la verità) che proclama «la morte di Dio». Il capitolo termina con il folle che va in chiesa a cantare Requiem aeternam deo e chiede: «Che altro sono ancora queste chiese, se non le fosse e i sepolcri di Dio?». Devo ammettere che per molto tempo varie forme della Chiesa mi sono sembrate sepolcri freddi e opulenti di un dio morto.

Molte delle nostre chiese saranno vuote a Pasqua quest’anno; leggeremo i passi del Vangelo sulla tomba vuota da qualche altra parte. Ma se il vuoto delle chiese ricorda la tomba vuota, non ignoriamo la voce dall’alto: «Non è qui. È risorto. Vi precede in Galilea». Ecco una domanda per stimolare la meditazione in questa strana Pasqua: Dov’è la Galilea di oggi, dove possiamo incontrare il Cristo vivente?

La ricerca sociologica indica che nel mondo il numero di quelli che io chiamo i ‘residenti’ (dwellers), cioè coloro che s’identificano fino in fondo con la forma tradizionale di religione, ma anche coloro che dichiarano un ateismo dogmatico, è in diminuzione, mentre stanno aumentando i ‘cercatori’ (seekers). Inoltre, ovviamente, è in aumento il numero degli ‘apatei’, gli indifferenti, persone a cui delle questioni religiose o della risposta tradizionale a esse non importa assolutamente nulla.

La principale linea di divisione non è più fra quanti si considerano credenti e quanti si considerano non credenti. Vi sono ‘cercatori’ fra i credenti (coloro per i quali la fede non è un ‘retaggio’, ma una ‘via’) e fra i non credenti, che respingono i concetti religiosi proposti loro da quanti li circondano, ma provano comunque il desiderio di qualcosa che soddisfi la loro sete di significato.

Sono convinto che la ‘Galilea di oggi’, dove dobbiamo cercare Dio, che è sopravvissuto alla morte, sia il mondo dei cercatori.

Cercare Cristo fra i cercatori

La teologia della liberazione ci ha insegnato a cercare Cristo fra le persone ai margini della società. Ma è necessario cercarlo anche fra le persone emarginate all’interno della Chiesa, fra ‘coloro che non ci seguono’. Se vogliamo porci in rapporto con loro come discepoli di Gesù, vi sono parecchie cose che dobbiamo prima abbandonare.

Dobbiamo abbandonare molte delle nostre precedenti idee su Cristo. Il Risorto è radicalmente trasformato dall’esperienza della morte. Come leggiamo nei Vangeli, anche le persone a lui più vicine e più care non lo riconobbero. Non dobbiamo prendere per buone le notizie che circolano attorno a noi, ma insistere a volere toccare le sue ferite. D’altronde, dove altro saremo sicuri di incontrare quelle ferite se non nelle ferite del mondo e nelle ferite della Chiesa, nelle ferite del corpo che Egli assunse su di sé?

Dobbiamo abbandonare i nostri obiettivi di proselitismo. Non stiamo entrando nel mondo dei cercatori per ‘convertirli’ il più rapidamente possibile e introdurli a forza nei confini istituzionali e mentali delle nostre Chiese. Nemmeno Gesù provò a fare rientrare a forza quelle «pecore perdute della casa di Israele» nelle strutture dell’ebraismo dei suoi tempi. Sapeva che il vino nuovo doveva essere versato in otri nuovi.

Dal tesoro della tradizione che ci è stata affidata vogliamo prendere cose nuove e vecchie, e renderle parte di un dialogo con i cercatori, un dialogo nel quale possiamo e dobbiamo imparare gli uni dagli altri. Dobbiamo imparare ad ampliare radicalmente i confini della nostra visione della Chiesa. Non è più sufficiente che apriamo magnanimi un ‘cortile dei gentili’. Il Signore ha già bussato ‘da dentro’ ed è uscito; il nostro compito è cercarlo e seguirlo. Cristo ha varcato la porta che avevamo chiuso per paura degli altri. Ha attraversato il muro che avevamo eretto attorno a noi. Ha aperto uno spazio la cui ampiezza e la cui profondità ci hanno fatto girare la testa.

Agli inizi della sua storia, la Chiesa primitiva degli ebrei e dei pagani conobbe la distruzione del tempio in cui Gesù pregava e insegnava ai suoi discepoli. Gli ebrei di quei tempi trovarono una soluzione coraggiosa e creativa: sostituirono l’altare del tempio demolito con la tavola familiare, e la pratica del sacrificio con quella della preghiera privata e collettiva. Agli olocausti e ai sacrifici di sangue sostituirono il ‘sacrificio delle labbra’: la riflessione, la lode e lo studio della Scrittura. Più o meno nello stesso periodo il primo cristianesimo, bandito dalla sinagoga, cercò una nuova, sua propria, identità. Sulle rovine delle tradizioni, ebrei e cristiani impararono a leggere daccapo la Legge e i profeti, e diedero loro nuove interpretazioni. Non è una situazione simile a quella dei nostri giorni?

Dio in tutte le cose

Quando all’inizio del V secolo Roma cadde, ci fu chi trovò subito la spiegazione: per i pagani si trattava una punizione degli dei per l’adozione del cristianesimo, per i cristiani una punizione di Dio a Roma per avere continuato a essere la «prostituta di Babilonia». Sant’Agostino rifiutò entrambe le interpretazioni e, in quel momento spartiacque, sviluppò la sua teologia della battaglia epocale fra due «città» contrapposte; non di cristiani e pagani, ma di due «amori» che risiedono nel cuore umano: l’amore di sé, chiuso alla trascendenza (amor sui usque ad contemptum Dei), e l’amore che fa dono di sé e così trova Dio (amor Dei usque ad contemptum sui). Questo nostro tempo di cambiamento a livello di civiltà non chiede forse una nuova teologia della storia contemporanea e una nuova visione della Chiesa?

«Sappiamo dove la Chiesa è, ma non sappiamo dove non è» insegnava il teologo ortodosso Pavel Nikolaevič Evdokimov. Forse quello che l’ultimo Concilio ha detto sulla cattolicità e l’ecumenismo ha bisogno ora di acquisire un contenuto più profondo. È giunto il tempo per un ecumenismo più ampio, per una più audace ricerca di Dio «in tutte le cose».

Possiamo naturalmente accettare questa Quaresima di chiese vuote e silenziose semplicemente come una breve misura temporanea che sarà presto dimenticata. Ma possiamo anche sfruttarla come kairós: un momento opportuno per «prendere il largo» e cercare una nuova identità per il cristianesimo in un mondo che cambia radicalmente sotto i nostri occhi. L’attuale pandemia non è certamente l’unica minaccia globale per il nostro mondo, ora e in futuro.

Facciamo dell’avvicinarsi della Pasqua una sfida a cercare nuovamente Cristo. Non cerchiamo il Vivente fra i morti. Mettiamo coraggio e tenacia nel cercarlo, e non lasciamoci prendere alla sprovvista se ci appare come uno straniero. Lo riconosceremo dalle sue ferite, dalla sua voce quando ci parlerà intimamente, dallo Spirito che porta la pace e bandisce la paura.

SUGGERIMENTI E APPUNTI

II parte

… dov’è la (mia) Galilea oggi, il luogo del mio primo amore, ma anche il luogo dell’appuntamento di Gesù Risorto per ricominciare?

… cercatori (del primo amore) tra i credenti ed i non credenti: il nostro posto?!?

… CRISTO BUSSA da dentro la Chiesa e dice: aprite la porta, FATEMI USCIRE!!! e voi con me!!! [la chiesa in uscita]

… abbandonare i nostri piccoli obiettivi? quali potrebbero essere?

… e noi abbiamo incontrato Gesù Risorto?

…. quali processi bisogna avviare in ciascuno e nella nostra comunità?

… la chiesa nel suo insieme è tornata a blindarsi … noi?

… i credenti anonimi? …

… l’annuncio del Regno ha bisogno di persone amiche, frutto della presenza del Regno ….

… la VERITA’ SULLE MODALITA’ DI PASTORALE: obsolete, non più eloquenti, post cristiane … (?) [don Armando Matteo, promosso sottosegretario alla Congregazione vaticana della Dottrina della Fede]

… don Gaetano: penseremo ancora ai bambini del catechismo o alle famiglie con i bambini che vengono in chiesa; come anche i catechisti sono chiamati a cambiare???

… la Chiesa è chiamata ad essere PROFETICA …

… le chiese vuote o chiuse, è tutto negativo o …. ??? cosa ???

…. I parte

Possiamo ritrovare nei testi biblici segnalati il Mistero di Cristo e della Chiesa ….

Qual è la mia situazione personale rispetto, ad esempio,
a. alla dimenticanza del primo amore
b. ed alla mondanità spirituale?

Qual è ora la nostra situazione di Chiesa?

Quali le tentazioni a cui siamo sottoposti, diventate ora più evidenti?

Che significa tornare al cuore del Vangelo per me, per noi?

… se tu non credi che Gesù è Risorto, come fai a compiere la tua testimonianza e il tuo ministero?

… a chi compete l’evangelizzazione e annunciare il kerygma? noi siamo abilitati ad evangelizzare … non siamo discepoli e basta, ma “discepoli missionari” dice Papa Francesco …

… la CHIESA: un popolo in cammino verso Dio, opera di Lui stesso, da Lui convocata … è un MISTERO di comunione da Dio raccolta, sacramento universale di salvezza, segno e strumento di unità per il genere umano: come può vivere di nuovo e ancora tutto questo in me, in noi?

Matteo 13: “Un’altra parabola disse loro: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti»”(13,33).

… siamo chiamati a mantenere il protagonismo dello Spirito, ma tutto questo accade solo se manteniamo la dinamica del DONO, …